Adelante, Sergio, senza juicio

(di Giuseppe Toscano)

“Adelante Pedro, con juicio”. Questa frase viene pronunciata nei Promessi Sposi da Antonio Ferrer, Gran Cancelliere di Milano, rivolgendosi al cocchiere mentre la carrozza cerca di farsi largo tra la folla in tumulto.
Da meno di un mese il nostro cocchiere è cambiato e la folla è sempre in tumulto, ma tutto possiamo chiedere a Sergio Conceição, tranne che “giudizio”, specie se lo intendiamo – come il personaggio manzoniano – quale sinonimo di “cautela”.

La riflessione, però, non nasce tanto da considerazioni sul nostro assetto tattico, che nella filosofia del nuovo mister proprio alla cautela dovrebbe ispirarsi, quanto piuttosto dalle immagini dell’immediato dopo partita di Milan-Parma, nell’episodio che lo ha visto protagonista insieme al “fu capitano” Davide Calabria.
Il nostro allenatore, sin dalla prima conferenza di presentazione, ha lasciato pochi dubbi sul suo carattere: chiaro, concreto, risoluto, misoneista, burbero. Insomma, uno con metodi da sergente Hartman applicati a una squadra che dava l’impressione di essere una scolaresca in gita con il supplente, mentre il preside era tutto l’anno impegnato a occuparsi di edilizia scolastica.

Sotto questo profilo sembra che, nel momento di “intervallo lucido” che interessa anche le menti più schizofreniche, Conceição sia stato scelto più come terapia di gruppo che per le sue – pur innegabili – capacità tecnico-tattiche, e i primi risultati si cominciano a vedere.
I giudizi su quanto accaduto in campo li mettiamo un attimo da parte, soprattutto alla vigilia dell’appuntamento più importante della stagione che rischia di sigillarli o farli sprofondare in 90 minuti, anche se 5 vittorie su 7 partite e un trofeo messo in bacheca non vanno comunque sottovalutati.

Come dicevo, ferma la centralità dei risultati, la mission del portoghese di Coimbra prevedeva probabilmente obiettivi ulteriori e propedeutici rispetto a quelli strettamente legati al campo: compattare il gruppo, dare ordine allo spogliatoio, creare regole e gerarchie. Sergio Conceição, sotto questo profilo, ha già fatto MOLTISSIMO.
Partirei dalle basi, visto che queste erano venute meno: il Milan oggi ha un capitano, un rigorista, una squadra e una società che ascoltano l’allenatore, a partire dalle scelte di mercato (almeno sul versante cessioni). Prima il veto su Tomori, ora anche quello su Pavlovic, ci dicono che Conceicao sa imporsi sui suoi dirigenti, che avevano trasformato Fonseca da Zorro a Bernardo (basta rileggere l’undici titolare alla prima di campionato).

Non tutto è risolto, anzi, è stato risolto ben poco. La difesa apre ancora varchi da Libro dell’Esodo, gli attaccanti sembrano intolleranti al gol e, in generale, il nostro gioco è ormai studiato alla specializzazione in gastroenterologia.
Anche alcune scelte “di campo” sono piuttosto discutibili: non servivano agenti segreti per sventare il “casino Royal” ed evitare di schierare il dentatissimo terzino brasiliano mentre era pronta la sua cessione, così come si poteva evitare di far giocare Fofana in diffida prima del derby. Ma se entrambe le scelte rispondevano all’obiettivo di schierare la squadra migliore possibile per quella partita, allora possono essere giustificate.
Alla stessa logica si legano probabilmente le sostituzioni di Leão e Theo al minuto 45 di un Milan-Parma che stai pareggiando. È chiaro che, se non avesse vinto, il giorno dopo lo avremmo processato a Norimberga, ma i due protagonisti del più noto cooling break della storia del calcio stavolta sono rimasti in panchina e hanno accettato la sostituzione: anche noi tifosi, dall’alto del nostro seggiolino o del nostro divano, dobbiamo fare altrettanto.

Calabria, per tornare al punto di partenza, non ha ancora recepito o accettato il cambiamento, ed è stato “conceicanamente” redarguito. Lo stile non è dei più eleganti e si poteva forse avere la “cautela” di rimandare il discorso negli spogliatoi, ma troppi alibi sono stati concessi a questa squadra (anche i cori contro la società rischiano, da questo punto di vista, una clamorosa eterogenesi dei fini) e metterla di fronte alle proprie responsabilità, anche pubblicamente, non è necessariamente un male (a chi in queste ore offre corsi gratuiti di “stile” ricorderei un Conte vs Lautaro).

Alla fine, Calabria si è presentato davanti ai microfoni (e se lo hanno costretto, come credo, tanto meglio), mentre Conceição ha spiegato che adotta lo stesso metodo con i figli al ristorante. Probabilmente, Francisco si butta a terra anche lì.

Insomma, come spesso accade, la prima impressione, quella che abbiamo avuto tutti alla sua conferenza di presentazione, sembra essere quella giusta: Conceição non è forse quello che meritiamo, ma è – e “ha” – tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Allora adelante Sergio, senza “juicio”.

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