Le Pagelle Che Non Lo Erano: Sampdoria-Milan 1-2

È Sant’Ambroeus, 7 dicembre, giorno del patrono – nel quale a Milano si fanno due cose: 1) l’albero 2) la Prima della Scala (non quella del calcio, quell’altra, dove cantano). Le Pagelle Senza Voti di questo sospirato acuto che è stata Sampdoria-Milan sono perciò ispirate dal programma misto, pensato per la insolita rappresentazione pensata per quest’anno insolito: non un’opera ma delle arie – ed è l’unica concessione che facciamo al darsi delle arie in questi giorni. Buon ascolto – sempre che riusciate a sentire la musica sotto al gran digrignare di denti prodotto dagli strepitosi tifosi di altre squadre meravigliose e strapotenti, giustamente strafavorite per stravincere tutto.
 
Donnarumma – NESSUN DORMA (da Turandot, di Giacomo Puccini)
Non accetta distrazioni e dà subito il buon esempio con una reazione fantastica su uno dei novanta calci d’angolo per la Sampdoria. Tenta l’impossibile sul gol dopo la zampata di Ekdal, ma in fondo va già bene che su calcio piazzato ne prendiamo solo uno, con tutto quel tremare d’amore e di speranza.
Calabria – TUTTO CANGIA, IL CIEL S’ABBELLA (da Guglielmo Tell, di Gioacchino Rossini)
Autorevole dietro, a tratti imprendibile davanti, ogni settimana ci lascia increduli (…lo faceva anche prima, a dire il vero) ma ormai a ogni sua partita la natura è lieta anch’ella, l’aria è pura, il dì raggiante, c’è qualcuno che può negarlo?
Romagnoli – ERI TU (da Un ballo in maschera, di Giuseppe Verdi)
Partita faticosissima, per la quantità di attacchi che concediamo ai bianconeri blucerchiati, per l’assenza di Kjaer – ma riesce a compattare la difesa nei momenti peggiori, ed è evidente che nei minuti finali i ragazzini si ricordano che il capitano è lui.
Gabbia – TU? TU? PICCOLO IDDIO! (da Madama Butterfly, di Giacomo Puccini)
D’accordo, qui siamo un po’ iperbolici – però anche se non è ancora un baluardo insuperabile, è innegabile che non tremiamo più come prima: malgrado lo sgridone di Gigio dopo il fischio finale, ha sbagliato pochissimo.
TheoHernandez – CORTIGIANI, VIL RAZZA DANNATA (da Rigoletto, di Giuseppe Verdi)
Partita tatticamente complicata perché sulla sua fascia c’è Candreva, che è di vil razza dannata nonché schifosa – e lo diciamo con tutto il rispetto per l’uomo nonché per il boia maledetto che da sempre contro di noi, due volte l’anno, diventa un giocatore di calcio. E tuttavia, riesce a sganciarsi in modo decisivo in quella azione in cui otteniamo il rigoretto e fischiettiamo il Rigoletto.
Kessié – ADAGIO del Grand pas de deux (da Lo Schiaccianoci, Pietr Ilic Tchaikovskij)
Dopo 4 minuti è costretto a farsi cautissimo a causa della più inverosimile tra le tante ammonizioni inverosimili portate a casa da quando è con noi. Perciò gioca adagio – ma già dal rigore in poi gradualmente torna a essere Lo Schiaccianoci del centrocampo.
Tonali – REGNAVA NEL SILENZIO (da Lucia di Lammermoor, di Gaetano Donizetti)
Chiamato a crescere e a imporsi in un centrocampo nel quale Kessié è sotto doppio controllo segreto, Calhanoglu è fisicamente agli sgoccioli e Brahim Diaz non trova modo di entrare in partita: risponde con una prestazione da titolare (o co-titolare) vero; il colpo di fino che va a rantolare sul palo poteva essere il momento della sua definitiva consacrazione, che ha l’aria di essere semplicemente rimandata a quando ce ne sarà ancora più bisogno.
Saelemaekers – L’AMOUR EST UN ÒISEAU REBELLE (da Carmen, di Georges Bizet)
A tratti si ribella alla disciplina, spezza la catena e irrompe nella partita per portarci vicinissimi al gol: per esempio servendo Rebic in area nel primo tempo o puntando la porta nel secondo – come era già capitato (due volte) con la Fiorentina, il pellicano belga viene fatto volare senza tanti complimenti al momento decisivo.
Calhanoglu – UNA FURTIVA LAGRIMA (da L’elisir d’amore, di Gaetano Donizetti)
Forse l’unica nota veramente ansiogena della partita, sembra proprio che debba rifiatare, tendendo l’orecchio possiamo i palpiti, i palpiti sentir. Diamogli un elisir d’amore e una bombola d’ossigeno, perché sarà fondamentale conservarlo lucido nei momenti in cui al suo piede, come in Portogallo o col Celtic, toccheranno palloni cruciali.
BrahimDiaz – FORSE LA SOGLIA ATTINSE… MA SE M’È FORZA PERDERTI (da Un ballo in maschera, di Giuseppe Verdi)
Succede: a volte entra e spacca la partita, altre volte, qual reo presagio, si ritrova a paciugare palloni insapori e incolori; Padre Pioli a quanto pare si è fatto spietato e nell’intervallo lo silura – e taccia il core.
Rebic – FREED FROM DESIRE (di Gala Rizzatto, Maurizio Molella, Phil Jay)
Salvo sorprese – e onestamente, tutto il mondo sarebbe sorpreso – questo brano di italdance anni 90, restituito al mondo dai tifosi nordirlandesi agli Europei del 2016, NON verrà eseguito alla Scala; in compenso lo hanno eseguito i Maestri Cantori del treno che riportava il Milan a casa dopo la partita, e in poche ore è diventato un classico della nostra tradizione. Ante manca per tutta la sera l’acuto del tenore (nel caso del salvataggio sulla linea, è anche sfigato) ma ancora una volta è semplicemente impeccabile nel mandare in porta Castillejo, ragion per cui dovrebbe togliersi la visibile ansia di segnare, liberarsi dal desiderio come raccomanda il testo di questa pregevole composizione:
“People just want more and more
Freedom and love, what he’s looking for
Freed from desire, mind and senses purified
Freed from desire, mind and senses purified
Freed from desire
Nanananana nana nanana nanana
Nanananana nana nanana nana”
Hauge – WINTERSTÜRME WICHEN DEM WONNEMOND (da Walküre, di Richard Wagner)
Cedono le bufere invernali alla luna voluttuosa, dice quest’aria wagneriana, e la nostra valchiria la interpreta cavalcando prepotente sulla fascia sinistra. In realtà perde anche un paio di palloni preziosi nel finale ma non ci importa, siamo abbagliati e non lo scriveremo.
Castillejo – E LUCEVAN LE STELLE (da Tosca, di Giacomo Puccini)
Entra, fragrante, con le sue belle forme, e subito olezza la terra (questo anche grazie a tutta la roba che si mette nei capelli). Per l’ennesima volta entra tra i pernacchi di molti suoi tifosi, che pochi secondi dopo però intonano “Non ho mai amato tanto la vita!”. Ancora una volta si fa trovare al posto giusto nel momento giusto per dolci baci e languide carezze, e non solo: prezioso anche nel guadagnare secondi sui palloni finali e far svanir per sempre il sogno blucerchiato d’amor, e duole veder tale patimento – ma pensandoci, non troppo, nah, anzi, nanananana nana nanana nanana.

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