Lazio-Milan 3-1: le Pagelle Che Non Lo Erano.

Gli zombie sono unanimemente considerati un’allegoria di qualcosa. Non sempre è chiaro di che cosa: del capitalismo, della discriminazione, di qualcosa che non vogliamo essere (vecchi? malati? poveri? scemi?), degli istinti primordiali (in effetti, del più primordiale di tutti: non pensare, mangia e fregatene del resto). Su una cosa però si può essere d’accordo: anche se qualcuno è in quella situazione perché è stato un po’ malaccorto, non si può dare la colpa a loro: non hanno la minima consapevolezza di quello che fanno. Le nostre Pagelle Senza Voti di oggi sono pertanto una rassegna di cadaveri eccellenti – per quanto, non abbastanza da guadagnare 4 milioni di euro l’anno come qualcuno, avete presente?

DIEGO LOPEZ – Michael Jackson in Thriller
Come Jacko, riesce a fare spettacolo anche da morto, e a tenere insieme il balletto più che può. Altra analogia, il fatto che finisca la partita molto più pallido di quando l’aveva iniziata.
ALEX – Lazzaro
Dell’ex compagno di Gesù non sappiamo molte cose: cosa fu di lui dopo esser stato recuperato dal sepolcro? Il Vangelo ha imbarazzo a parlarci del primo zombie della storia. Dell’ex compagno di Thiago Silva, sulle prime eravamo contenti anche noi – ma ora abbiamo imbarazzo a parlarne.
ABATE – Forest Speyer di Resident Evil
Ovvero il soldato che non riesce a salvare la sua vita e, diventato per giunta inguardabile a causa dei corvi, contribuisce a fare danni ai compagni. Se non altro, il fatto che sia tornato inguardabile ci riporta a scenari familiari, ad antiche sicurezze. 
MEXES – Anna Falchi in Dellamorte Dellamore
Ha sempre saputo stare al posto giusto nel momento giusto: l’ex madrina della Lazio di Cragnotti è stata con Màcchese Biagggggi quando non c’era ancora in giro Valentino Rossi, con un Fiorello strafatto di cocaina, con il furbetto del quartierino Ricucci – ma soprattutto, nell’epoca d’oro dei calendari è stata su un’infinità di pareti con le tondissime tettone di fuori. Ma perlomeno, lei per i soldi ha mostrato le ghiandole mammarie anche da morta, mentre lui mostra solo che la Signora Le Pen paradossalmente ha ragione: certi stranieri sono dei miserabili parassiti – solo che sono suoi connazionali.
ARMERO – The walking dead: il mortaccio nel pozzo 
Non sappiamo come ci sia sprofondato, e come abbia deteriorato in modo evidente la sua forma fisica, sta di fatto che la sua apparizione causa spavento, sì, ma misto a risate.
VAN GINKEL – Johnny de La notte dei morti viventi di George A. Romero
Nella scena d’apertura del classico del genere, un giovane spocchioso si ritrova in un cimitero e credendosi immensamente spiritoso si mette a prendere in giro la sorella: “Haha, vengono a prenderti, Barbara” (notare il nome di lei). Sarà il primo a essere zombizzato – nessuno degli spettatori mostra compassione.
POLI – La mano di Ash in La Casa 
Nell’amabile sgangherato splatterone di Sam Raimi, il concetto di “mano morta” assume nuovi interessanti sfumature. Come l’arto del protagonista, Poli tenta di ribellarsi ai limiti oggettivi di un’esistenza scollegata da neuroni e personalità, buttandola in caciara.
BONAVENTURA – Renzo Montagnani in Io zombo, tu zombi, lei zomba
Tenta di salvare la farsaccia indecorosa (e a bassissimo budget) inventandosi due o tre battutine.
MONTOLIVO – Lisa Garland di Silent Hill
L’infermierina ha dei modi dolcissimi, ma a un certo punto scopre, con un po’ di malinconia, di essere morta da anni. Ammettiamo che il paragone è un po’ forzato perché l’infermierina, nel videogioco, si rende utile.
MENEZ – Alessandro Sallusti
Il dobermann del nostro presidente è Torquemada tornato da un secolo lontano, un torturatore compiaciuto cui non possiamo certo contestare l’abilità nella propria specializzazione, ma il fatto di essere fedele a un’epoca e a una tirannia ormai defunte: il mondo oggi richiede un minimo (ma un minimo, eh) di civiltà – o di ordine tattico. Il gioco di Menez, come quello di Sallusti, consiste soprattutto nell’intuire le debolezze difensive degli avversari e fargli malissimo. E tuttavia, quando compiaciutissimo di se stesso, inizia la manfrina dei colpi di tacco, emerge il vero problema: come Sallusti, non ha niente di realmente costruttivo da proporre.
EL SHAARAWY – I nonmorti di Games of Thrones
Nella versione originale, gli antichi (e parecchio decrepiti) mostrissimi che imperversano tra i ghiacci si chiamano White Walkers; nel doppiaggio italiano, siccome siamo il Paese felice che proprio non ce la fa, a fare le cose come vanno fatte – neanche se è la cosa più facile – invece di tradurre (poniamo) con Viandanti Bianchi, vengono ribattezzati come Gli Estranei. Per quanto sia un balzo di senso del tutto arbitrario e tipicamente a capocchietta, il termine si adatta benissimo all’Artista Precedentemente Noto Come Il Faraone. Qualcosa di terribile si è insinuato in lui, ed oggi pare condannato a un’estraneità senza via d’uscita. Se il crudissimo fantasy di George R.R. Martin non è tra le vostre passioni, vi informiamo di un particolare: gli zombie del Trono di Spade finiscono bruciati. La sorte di Stephan non sembra dissimile.
PAZZINI – Zombie dei Cranberries
Un successo dal passato che ancora, ogni tanto, riappare nella programmazione delle radio – causando strazio fin dalle prime note.
CERCI – Il guerriero dell’Orlando Innamorato
Nel poema del 1531 di Francesco Berni, remake di quello del Boiardo di poco tempo prima (usava anche allora) appare un passaggio più famoso dell’opera e del suo autore: “l’un pezzo in su l’altro suggellato / rimase senza muoversi niente / e come avvien, quand’uno è riscaldato / che le ferite per allor non sente / così colui, del colpo non accorto / andava combattendo ed era morto”. Il nostro top player sembrerebbe deceduto quest’estate, forse durante i Mondiali. Oppure è tornato quello, del tutto deleterio, della Fiorentina. Il nostro in realtà è un augurio: anche se è morto, speriamo che almeno per un po’ vada combattendo.
MUNTARI – Church, il gatto di Pet Sematary
Come la bestiola concepita da Stephen King ha un aspetto inquietante, è causa di rovina, ed è sicuramente quadrupede.

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