Ricominciamo da tre

(di Giuseppe “Dolce Stil Milan” Toscano)

“Ricomincio da tre”, “da zero, da zero, ricominci da zero”, “nossignore, ricomincio da tre, tre cose mi sono riuscite int’a vita, perché ‘aggia perdere pure quelle, c’aggia ricomincià da zero, da tre!”.
Dopo due mesi di calcio non giocato che ci hanno visto – a quanto pare – soltanto spettatori (tra l’altro, saremmo gli unici “paganti”), il dialogo tra Massimo Troisi e Lello Arena in “Ricomincio da tre” sembra suggerire la postura migliore con cui approcciare alla nuova stagione.
La notizia choc di quest’estate è che la società Campione d’Italia è stata quella che ha avvertito meno l’esigenza di cambiare, mentre le rivoluzioni (connotate da una penuria di strategia e lungimiranza) si sono registrate in squadre reduci da fallimenti (Juventus) o presunti successi (Roma).
Si registrano, poi, movimenti tellurici anche nei campioni fuori stagione (sono ancora detentori del titolo d’estate e d’inverno), che nei mesi scorsi venivano descritti come la Folgore di El Alamein a cui “mancò la fortuna, ma non il valore”, mentre col loro mercato hanno autodenunciato l’assenza di un centravanti, di valide alternative a centrocampo e di un portiere mobile. Niente male.
Noi veniamo descritti come fermi, inerti, beffati, ma come il buon Gaetano interpretato da Troisi abbiamo tre certezze da cui ricominciare: dirigenza, allenatore, squadra. E scusate se è poco.
Dirigenza: su di essa, finalmente, si è formato un consenso generale che è un concentrato di ragione e fede. La ragione impone la fiducia nei confronti di professionisti che hanno ri-portato a Milanello i “top player” ben prima che diventassero tali, coniugando l’ossimorico binomio tra vittorie importanti e bilancio sano. La fede l’abbiamo sperimentata nella vicenda De Ketelaere, che in pochi conoscono realmente (confesso di non appartenere alla folta schiera di esperti della Jupiler League), ma che non si fatica a considerare – proprio perché fortemente voluto da Maldini e Massara – un grande colpo di mercato per il presente e il futuro.
Allenatore: il trionfo del 22 maggio ha rimosso (almeno fino al prossimo passo falso, lo so già!) l’etichetta del “perdente” a Stefano Pioli, reo fino a quel momento di non aver portato al successo compagini quali Salernitana, Modena, Parma, Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo, Bologna, Lazio (con cui arrivò terzo), l’Inter di Joao Mario e Gabigol (a proposito di rivoluzioni estive) e Fiorentina. Oggi Pioli è una certezza irrinunciabile di questo Milan, elemento d’equilibrio di un ecosistema in cui qualunque nuovo organismo riesce subito ad adattarsi e interagire armonicamente con gli altri (vedasi Adlì e Pobega).
Squadra: nonostante il relativo valore sia certificato sul petto, il modello bulimico di calciomercato che viene quotidianamente propinato da giornali e siti internet genera qualche malumore nei tifosi. Sarebbe sciocco negare l’esigenza di completare la rosa in alcuni reparti, ma è ancora peggio pensare che per questa squadra, già adesso, sia un miraggio inseguire gli obiettivi stagionali, cioè la riconferma in campionato e (quantomeno) gli ottavi di Champions. Tra il bianco dei “Tuttapposters” e il nero degli “Elliotout” esistono infinite scale di grigio che dovremmo maggiormente considerare, specie dopo anni passati a osservare le vestigia di un tempo che sembrava lontanissimo.
Non c’è dunque motivo per essere turbati, facciamoci “leggieri leggieri” e ricominciamo da tre. Il numero di Maldini, il numero perfetto.

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