Quel che resta del Milan

Il Milan, oggi, è questa cosa qui: una squadra inerte e una società assente che consente a un personaggio riprovevole come Mino Raiola di scorrazzare impunemente negli spogliatoi all’intervallo di Milan-Fiorentina, dopo 45 minuti di sconfortante pochezza. “Voleva controllare le condizioni di Balotelli”, la motivazione ufficiale trapelata con poca convinzione. Fatto sta che, al ritorno in campo, Allegri ha sfoderato uno dei cambi più demenziali della sua gestione (e c’è molta concorrenza): dentro per l’ennesima volta uno dei ragazzi di Raiola, Niang, l’unico attaccante della gloriosa storia rossonera ad aver superato la boa dei 1.000 minuti in serie A senza lo straccio di un gol. Il Milan è questo, ed è una slavina che parte da lontano, dalla progressiva deriva di Braida come direttore sportivo, dall’imprevista piega che si è voluto dare alla carriera di Leonardo (che ci siamo bruciati come manager, e qualcuno dice di proposito, perché non rubasse il posto a qualcuno). Dalle infatuazioni per oscuri faccendieri alla Bronzetti, per artisti della valigetta come Preziosi, infine col mangiafuoco Raiola (…a proposito, chi sarà il prossimo amicone, Lotito o Pulvirenti? Zio Fester se li va a pescare con il lanternino).

Proprio Raiola, che quattro anni fa era stato il vero ispiratore del colpo Ibrahimovic, ora presenta il conto come solo un navigato pizzaiolo sa fare. E’ lui a governare gli umori e a mal consigliare Balotelli, teoricamente il nostro miglior giocatore, del tutto sparito dal campo una volta che qualcuno – forse proprio Allegri – gli ha ordinato a rinunciare a creste e gioielli (vi sembra una cosa da poco? Ma ormai FinallyMario lo conosciamo. E in questa situazione da apocalisse post-atomica, senza una guida sicura che tenga in mano lo spogliatoio, basta una sciocchezza del genere a scatenare uno tsunami di rancori e sbroccate.)

La chiusura dei rubinetti ha fatto il resto. Galliani non è mai stato un visionario né un sognatore. Fin da giovane ha aderito anima e corpo alla Volontà del Padrone, a costo di coprirsi di ridicolo come quella sera a Marsiglia. La sua situazione non è diversa da quella del maggiordomo che si guarda intorno smarrito alla morte del padrone, come Anthony Hopkins nel film Quel che resta del giorno. In più, si aggiunge il disagio nel ritrovarsi a competere con i figli del padrone. E qui entra in scena Barbarella, la nostra versione di Piersilvio.

Piersilvia ama entrare senza bussare, come quella volta che propose di cambiare il logo: Galliani le rispose “Non si può, ci sono contratti già firmati con l’Adidas che comprendono anche lo sfruttamento del logo”. Per far capire al Maggiordomo che non era il caso di contraddire la Figlia del Padrone, telefonò il Padrone in persona. Frustratissimo, Galliani si prese la piccola rivincita di piazzare il vecchio logo in formato gigante sul muro della sala stampa di Milanello durante la conferenza con lo sponsor. Siamo a questi livelli qui.

Oppure. Il Milan Primavera di Inzaghi (Brigate Barbarella) batte il Milan di Allegri (Commandos Galliani) in una pseudo-amichevole di 60 minuti? Gli addetti stampa delle Brigate Barbarella chiamano tv e giornali sottolineando la cosa e suggerendo di intervistare Inzaghi, il quale probabilmente parlerà velatamente male di Allegri, cioè dell’allenatore della squadra di cui Barbarella è teoricamente presidentessa in pectore, mentre gli addetti stampa dei Commandos Galliani si affannano per minimizzare (è successo davvero un mese fa, nel divertito sconcerto delle redazioni di tutta Italia). Cosa ci vogliamo fare, gli esseri umani danno il peggio di sé, quando devono spartirsi i pochi brandelli di privilegio sopravvissuti alla decadenza del Capo.

Berlusconi, in tutto questo, ha altri cavoli a cui pensare. Tra meno di un mese decadrà da parlamentare e da quel giorno tutte le Procure d’Italia saranno legittimate a dargli la caccia e chiederne l’arresto. E’ amaro ma comprensibile che non abbia un grammo di voglia di occuparsi di una squadra che, a conti fatti, gli ha dato lustro e popolarità ma gli è costata quasi quanto il Lodo Mondadori.

In tutto questo, cosa contiamo noi tifosi, evoluti o meno? Siamo presi tra maggiordomo e rampolla. Vedete terze vie, voi? Vedete qualche megayacht battente bandiera indonesiana o araba? No, realisticamente non ce ne sono. Quindi ci tocca cercare di capire quale sia il male minore.

(…wow) (che figata, nevvero?)

Non sappiamo chi prevarrà, anche se abbiamo dei sospetti. Ovvero: Barbarina ha il vento in poppa.

(ogni sfumatura malandrina che possiate trovare in questa espressione è assolutamente vostra responsabilità, sia chiaro)

E’ vero che è la principale responsabile di uno dei gravi errori del passato recente ovvero il pastrocchio-Pato. Ma è altrettanto vero che forse proprio questo potrebbe insegnarle a metter da parte l’arroganza e la volontà di voler fare tutto da sola, e l’intelligenza di affidarsi alle persone giuste. Altrimenti, lo vede anche lei come è finito suo padre, affidandosi a gente veramente schifa.

Sull’altro piatto della bilancia, c’è il buon vecchio Fester, a barcamenarsi tra Giannino, Preziosi, Raiola, la curva, e i sospetti di prendere stecche dai procuratori. Da lui possiamo aspettarci cambiamenti di rotta? A Galliani, dobbiamo confessarlo, non riusciamo a voler male, nonostante la lista di magheggi – che conosciamo quanto voi, grazie, non scomodatevi a ricordarceli. Ma appare sempre più con le spalle al muro. E occhio: un po’ ce lo hanno messo, perché faceva comodo. Ma un po’ ci si è messo da solo, non trovate?

Ecco, noi abbiamo la sensazione che la situazione sia così grave da augurarsi una botta di novità, magari anche un salto (si spera piccolo) nel buio, rispetto al metodo Galliani, che purtroppo sembra al capolinea

(felicissimi di essere smentiti, naturalmente)

E la nostra speranza è che il nuovo corso preveda l’arrivo di persone serie, sinceramente dedite alla causa, oneste prima ancora che esperte. Spazio agli Albertini o Paolo Maldini, a Daniele Pradé o Giovanni Sartori (ex milanista, tra l’altro), e perché no, ai Prandelli. Gente seria chiama gente seria. Via i mercanti dal Tempio, via i pregiudicati dalle nostre stanze, via i grassatori e gli approfittatori da un luogo sacro come lo spogliatoio. Galliani, con tutto il bene che ha fatto al Milan, ha la grave colpa di aver ceduto a tutto questo.

Una favola di Esopo, La vecchia e il medico, comincia più o meno così: “Una vecchia che aveva male agli occhi chiamò un medico, mettendosi d’accordo con lui per il compenso. Quello cominciò le visite, e regolarmente, ogni volta che le medicava gli occhi, mentre essa li teneva chiusi, si portava via ad una ad una le sue masserizie”. La nostra flebile speranza è che Barbarella sappia chi è Esopo. E non lo confonda con Papastathopoulos.

Una risposta a “Quel che resta del Milan”

  1. Sinceramente, ho finalmente trovato lo spazio informativo che cercavo. lontano dai Milan Channel e da tutte le altre manfrine filo-presidenziali.
    bravi

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