Giorni da Milan Extra: 17 dicembre 1989

(nota introduttiva: è evidente che nel libro Giorni da Milan di cui tanto si parla – …ehm – c’è un capitolo dedicato a questa partita. Ma il senso del libro è raccontare questi giorni così come li abbiamo vissuti noi milanisti, ancora più che i giocatori, gli allenatori o i presidenti – come accadeva in Facce da Milan. Ed è per questo che inauguriamo questa serie di Giorni da Milan Extra con il racconto di un nostro amico conosciuto su twitter, Giuseppe Toscano (in arte: DolceStilMilan), e il suo Giorno da Milan piuttosto unico. Se volete raccontarci anche voi un Giorno da Milan, siamo qui per questo: contattateci su facebook o twitter. Ehi, non garantiamo la pubblicazione. Se scrivete cosìcosì, non prendetevela, anzi, magari potete fare i giornalisti sportivi)

MILANISTI SI NASCE di Giuseppe Toscano

Facile essere milanista se sei nato nel 1989. É il Milan dei tre olandesi, di Baresi, Maldini, Ancelotti. Quello che vincerá tutto e diventerá la squadra più forte di tutti i tempi. È facile essere milanisti soprattutto se tuo papà è milanista, tuo fratello è milanista, tuo zio è milanista, tutti i parenti di ogni ordine e grado seguono una sola squadra: il Milan.

In compenso è difficile far perdere a una famiglia intera di sangue rossonero la FINALE DI COPPA INTERCONTINENTALE. Io sono riuscito in questa personale e singolare impresa.

Era il 17 dicembre 1989 e mentre Chicco Evani beffava Higuita, io beffavo mio padre e i parenti tutti, e decidevo di venire al mondo proprio la notte di Milan-Atlético Nacional di Medellín.

Mi è sempre piaciuto pensare che sia stata la voglia di partecipare a quella festa ad avermi convinto a nascere (o, più probabilmente, le simpatiche trombette del pubblico di Tokyo, che avrò sentito dal ventre materno). Sta di fatto che il Milan era sul tetto del mondo e dovevo assolutamente manifestare la mia gioia e la mia filiazione rossonera.

Dietro la sala parto tutto uno stuolo di parenti attaccati alla radiolina per avere notizie da Tokyo (“Girava voce che il Milan stesse vincendo per 1 a 0 e che avesse segnato Evani su punizione”). Entrambi gli eventi andarono per il meglio: a distanza di poche ore, prima nasceva il grande Milan degli Immortali, poi – permettetemelo – un piccolo milanista di 3kg e 1/2, che eguagliava nel peso il pallone appena calciato da Bubu, e nel pianto, milioni di vuvuzelas. Così, sono nato la mattina del 18 dicembre, poche ore mi separano da quella finale, oltre che dal compleanno del Milan: quel giorno, al suono dei clacson, mia madre, meno pratica di calcio, avrà pensato che la notizia della mia nascita avesse generato un’euforia un tantino esagerata tra i parenti.

Mio padre, da quei clacson, ha capito che la festa era veramente doppia, ma al gol di Evani su punizione non ci ha creduto comunque. “Dieci giorni prima aveva segnato a Zubizarreta in Supercoppa europea, non era tra i titolari, ma, soprattutto, perché avrebbe dovuto calciare LUI una punizione?”. Penso che fino a quel giorno non avesse mai perso una partita del Milan, di certo non l’ha fatto nei 30 anni successivi, dove il calendario della serie A e della Champions ha scandito i ritmi di una famiglia: “Ceniamo prima perché alle 8.30 gioca il Milan”, “Oggi pomeriggio non si va da nessuna parte, alle 18 c’è il Milan”. Non c’è stato comando paterno al quale io e mio fratello ci siamo mostrati più docili. In famiglia non ci perdiamo un’amichevole, un post partita, una conferenza prima di una tournée estiva. Non c’è pranzo o cena dove non si parli di acquisti, di moduli, di partite giocate o da giocare. Io e mio fratello siamo stati cresciuti a pane e Van Basten.

Mio padre, dopo QUEL 17 dicembre, ha avuto modo di rifarsi molto presto, in anni in cui le finali di intercontinentale del Milan erano entrate nel calendario liturgico. Io ho fatto in tempo a godermi Weah, Sheva e Kaká, ma anche Guglielminpietro, Comandini e Bruno N’gotty. Tutti diversi, ma idoli allo stesso modo (Sheva un po’ di più, lo confesso). Oggi va meno bene, ma anche quando la squadra va male il vero milanista non entra mai in stato letargico, anzi, le sconfitte sono uno strumento di selezione darwiniana del tifoso: chi sopravvive a quelle dimostra di avere il DNA giusto. E a proposito di DNA, oggi ho 30 anni e non sono ancora papá, ma so già che i miei figli saranno rossoneri. Spero soltanto abbiano un tempismo migliore rispetto al padre nello scegliere la data di nascita. É vero, il rischio di coincidenze con finali importanti sembra oggi più remoto (ripeto, sembra), ma che sia Champions league o terzo turno di Coppa Italia, che si giochi a Tokyo o a Los Angeles, un tablet in ospedale lo porterò comunque. Altrimenti, quando sarà, non venite a dirmi che abbiamo vinto un mondiale per club con gol di Romagnoli su punizione, non vi crederò mai: “Perché avrebbe dovuto calciare LUI una punizione”?

 

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