Diario di viaggio di due Susi

(di Andrea Roderi)

Il viaggio comincia da un quartiere nella periferia nord, troppo a North Of LOreto per essere chic come il compiaciuto distretto NoLo. Alle 18:17 di domenica 22 maggio 2022, Olivier Giroud riceve l’assist di Rafa Leao dalla sinistra e con un colpo di croquet (lo sport in cui si prendono le palle a martellate) manda la sfera in buca facendola passare sotto le gambe di Ferrari e Consigli. In quel preciso istante, tutta la tensione accumulata durante la settimana comincia ad allentarsi. Lo Scudetto numero 19 si avvicina sempre di più. Un’ora e mezza dopo, il popolo rossonero comincia a riversarsi per le strade, undici anni dopo l’ultima volta. Io e il mio compagno di viaggio (il padrone della casa di Bruzzano in cui abbiamo assistito alla debacle del Sassuolo) beviamo l’ultima di un’innumerevole serie di birre, sleghiamo le bici e partiamo verso il centro storico, verso piazza del Duomo. Entrambi vestiamo rossonero, entrambi abbiamo un otto bianco stampato sulla schiena. Non è il numero di Gattuso e nemmeno quello di Tonali. Siamo due Suso. Io nell’edizione 2016/2017, lui del 2014/2015. Entrambe le maglie sono dannatamente sporche, scaramanticamente mai lavate da Milan-Fiorentina e indossate contro il Verona, l’Atalanta e, ovviamente, il Sassuolo.
PIAZZALE MACIACHINI. La lunga pista ciclabile che parte da Bruzzano giunge dopo qualche chilometro in piazza Maciachini passando per via Crespi. Di fronte ai due Susi appare minaccioso un nutrito gruppo di energumeni, schierato di fronte a un pub. Sono impassibili: nessuna maglia dei Campioni d’Italia, nessun segno distintivo. Occupano la ciclabile interamente. Invano Suso ’15 e Suso ’17 suonano il campanello della bici. Devono scendere dai fidi destrieri. E andare faccia a faccia con gli energumeni.
Se i due Suso sono qui a raccontarvi questa storia è perché, evidentemente, non erano interisti. Nessun pericolo, solo abbracci, pacche vigorose e urla di giubilo. Uno di loro fotografa il retro delle maglie, forse ricordando con nostalgia la Supercoppa di Doha. I due Suso superano indenni il primo ostacolo. Il viaggio continua per Viale Marche, Melchiorre Gioia e i Bastioni di Porta Venezia, vialoni in cui rispondono con i loro timidi campanelli al continuo strombettare festante degli automobilisti. O a un coraggioso che sventola, a mo’ di sfida, un bandierone nerazzurro. Non c’è tempo per gli sconfitti.
CORSO VENEZIA. La città diventa sempre più rossonera. Dai pochi clacson periferici siamo passati a vere e proprie colonne di auto e motorini rossoneri, attorniati dalla processione di chi a piedi si sta dirigendo verso la Madonnina. Le vetture sono intrappolate nel traffico, ma i due Suso su due ruote le dribblano con finte e cambi di direzione. Qualcuno, in proposito, ci chiede le ragioni dell’acquisto della maglia del Cardellino di Cadice. Evidentemente non tutti si ricordano che ci sono stati tempi in cui Suso, largo a destra nel tridente offensivo, era l’unico fenomeno della squadra, l’unico che ci emozionava con le sue giocate. Per un brevissimo lasso di tempo, intendiamoci, finché non è diventato talmente prevedibile da non avere altra scelta che tornare in patria. Anche per molta altra gente non c’è più scelta: in via San Damiano un camioncino fermo in mezzo alla strada e completamente avvolto da bandieroni rossoneri blocca la circolazione. Leghiamo le bici davanti all’Università, in via Festa del Perdono, nella speranza di ritrovarle alla fine della festa.
PIAZZA DUOMO. La piazza è completamente rossonera, talmente colma di gente che è quasi impossibile muoversi senza ricevere spallate e pestare i piedi di qualche sventurato. I due Suso si rendono conto di non essere soli. Non è tanto il fatto di essere in mezzo a cinquantamila milanisti. Si rendono conto di non essere i soli a indossare magliette con nomi appartenenti a un passato meno glorioso. C’è di tutto: Mexes, Kucka, Pazzini, Bonaventura, persino un Aquilani. Le maglie storiche, leggendarie, sono ovviamente in maggioranza: dal tifoso con divisa autografata da Baresi a diversi tipi di Maldini, da Rui Costa a Shevchenko. Mentre quelle di Ibrahimovic, chissà da che decennio venivano. Contemplando i fuochi d’artificio sopra la statua di Vittorio Emanuele, i Susi scorgono di fronte a loro tre ragazzi, disposti uno di fianco all’altro a comporre un tridente eccezionale: Kakà, Beckham, Torres. Grande potenziale offensivo ma non è nemmeno chiaro se fossero in giro insieme, forse è stata Via Mercato, intasata anche lei, a unirli – un’audace manovra di mercato. C’è posto per tutti nel grande delirio rossonero, nessuno dei giocatori che hanno vestito la nostra maglia in questi lunghi undici anni deve essere dimenticato, ognuno ha il proprio nome scritto sulla schiena di un tifoso. Nel trionfo è stato bello ricordare chi c’era nei momenti più difficili, quando col Sassuolo ci sfidavamo per un posto in Europa League, quando vincere un trofeo era pura utopia. Ben vengano i nomi stampati di Bacca, di El Sharaawy, persino di Luiz Adriano. E non mancava nemmeno Calhanoglu (spesso corretto in “ciarlatano”), anche se non certo di persona, non ha tempo di perdere con noi, deve festeggiare la Coppa Italia.
BACK IN BRUZZANO. È tardi, i due Suso recuperano le loro bici, ancora miracolosamente legate nel posto dove erano state lasciate: i ladri, non essendoci arbitri ad aiutarli, non hanno agito. Si torna verso nord. Una piazza del Duomo così bella rimarrà per sempre nei cuori dei due numeri 8. L’anno prossimo compreranno delle maglie nuove, probabilmente di Tonali e Tomori. Però fidatevi, quelle di Suso avranno sempre un posto speciale nell’armadio.

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