Tenera è la notte, cap. VII: Milan-***** 3-0

31 Gennaio 2016
Milan-Merde 3-0

Ci vado netto: il primo commento l’ho fatto al tepore del neon mentre stavo meritoriamente cambiando l’acqua al merlo – come mi hanno signorilmente insegnato a dire ad Oxford – dopo i 90 minuti più intensi da diverse ere geologiche. Ero lì nella solitudine astrale del cesso bianco piastrellato in alto in cima del terzo anello, praticamente avrei potuto stringere la mano alla Cristoforetti se fosse stata in orbita da quelle parti, e guardando il mio amico Colo che armeggiava come me, ho sentenziato questa profonda verità kantiana: un gol come quello di Bacca, per come è arrivato, per quando è arrivato, è di gran lunga meglio della più lussuriosa delle scopate.
E non dite di no. Non-di-te-di-no. Perché è incredibile come, mentre in un secondo mi saliva la botta di adrenalina, in quello stesso preciso istante rivedevo la mestizia di Milan-Crotone con seimila crotonesi che ballavano la taranta e noi inchiodati sull’uno a uno al 90esimo, o i Pulcinellas che gomorreggiano a casa nostra, oppure le partite buttate via in sequenza contro Verona, Carpi, Bologna e Roma. Ma pure quella di una settimana fa eh, non ci vuole molto, visto che ad Empoli abbiamo lasciato giù altri due punti che in questo momento ci permetterebbero di stare a braccetto con la Rometta. Scene e scene di noiosa mediocrità calcistica frullate via mentre mi avvinghiavo con furore da lotta greco-romana a chiunque mi capitasse vicino, cercando di strapparmi le corde vocali a furia di urlare. 

Ma fa niente. Al 90esimo guardavo le facce felici e stravolte dei miei soci e del popolo rossonero tutto, e pensavo: che bella gente che siamo, anzi che stiamo tornando ad essere, forse. Attaccati a questo derby anni 80 che ti svolta la stagione, perché si è capito che questo non altro è se non l’ennesimo anno mediocre, che di speranze per il futuro ce ne sono ancora meno, e allora Cristodio, almeno datemi questo, almeno schiantate le Merde – anzi sovrastatele, come esortava a fare la più bella coreografia mai fatta degli ultimi 11 anni perlomeno, che da dove ero io non la vedevo, ma dopo mi sono spellato le mani dagli applausi. Questo spettacolo carico d’amarcord che ha come azzerato tutto e ci ha riportato a quel Milan che sa nebbia, di tram pieni, di cuscinetti e cappellini, di gazzette sgualcite, di parterre gremiti, di Cochi e Renato, di Abatantuono in curva, di Beppe Viola, di Razor Wilkins e di Attila che la butta nel sette schiacciando in elevazione quell’infame di Collovati.

Che poi mi ero preparato bene. Aspettare un derby al baretto ti permette di ripetere ogni volta quell’esperienza unica, che si vive solo a Milano, cioè che il nemico te lo vedi proprio in faccia. Li vedi e capisci quelli che sono i regolari, quelli che hanno le facce brutte, quelli che pure te sai chi sono. Tutti vicini mentre fai la coda per la birra. E’ normale, ma non ci farai mai l’abitudine. Mi ricordo gli Skins negli anni 80. Ero piccolino, li guardavo come fosse un documentario del National Geographic. E poi gli anni dopo, fino quella discesa dopo il derby delle torce di Dida, con la Fossa schierata compatta lungo il baretto. Ti ricordi tutto questo e ti fa salire ancora più il veleno, ti fa incattivire, ti trasforma nell’Uomo Cacciavite, con la mantellina rossonera e tutto il resto.

Per questo ci schieriamo compatti dietro ad un Milan che si mette in campo umile e accetta che le merde all’inizio vengano a pressare, soprattutto sul lato dove Jack non riesce ad accorciare, abbandonando spesso il povero Antonelli in quel guado da dove arrivano palloni che seminano un terrore che sale fino alle altezze himalayane del terzo blu, ma che per fortuna lascia abbastanza indifferenti i compassati Alex e Romagnoli, che spazzano tutto quello che c’è da spazzare. Del resto lo accettiamo e ci va bene così: dobbiamo soffrire, contenere e ripartire.

Ora non sto a fare tutta la telecronaca: il gol di Alex, Gigio che mezza la svirgola e a momenti succedeva il disastro, la Robertina che schecca e viene cacciata fuori. Però se c’è una cosa che non scorderete mai è cosa stavate facendo nel momento del rigore. Io ero appoggiato a quella assurda balaustra che al terzo evita che gente voli otto file più avanti. Pensavo: non esiste che uno possa sbagliare un rigore nel derby. Soprattutto il rigore del pareggio. Mai successo. Ho capito subito che Gigio era spiazzato, ma ho visto quella palla che si allargava, si allargava, mi è sembrato persino di sentire il rumore mentre sbatteva contro il palo – sbeeeem! – come il suono della campanella di un ring.

So soltanto che i tre minuti successivi li ho passati urlando come un ossesso da dove stavo, perché Sinisa mi sentisse e mettesse qualcuno al posto di Niang, che fino ad allora mi era sembrato l’unico tassello fuori posto di una squadra che, conscia dei suoi limiti, marciava compatta come mai aveva fatto finora. Che poi così non rende l’idea: in realtà lo insultavo platealmente finché – ops – ha piazzato quel cross. Miranda bruciato, Handa immobile, Bacca che la incrocia e tutto che viene giù.

Altri quattro minuti: Jack recupera un pallone, si fuma Viale Murillo che scivola come l’ultimo degli stronzi, l’appoggia a Forever Niang che prima la sbatte addosso al portiere delle Merde, poi non può proprio esimersi dallo schiaffarla nella porta vuota. In sette minuti, dal possibile 1-1 al 3-0. San Siro è percorso da una vibrazione orgiastica che farebbe impallidire il più lussurioso fra i banchetti nuziali bizantini. Non ce l’aspettavamo e ce la godiamo lasciando che le endorfine colonizzino anche il più remoto angolo del nostro corpo come lancieri del bengala partiti al trotto alla caccia della tigre.

Una volta avevo una fidanzata ricca con cui facevo meravigliosi viaggi all over the world. Quando siamo stati in Vietnam a Ho Chi Minh City, insomma Saigon, siamo andati a visitare il palazzo dove sono entrati i vietcong quando hanno sconfitto quelli del Sud e cacciato a calci nel culo gli americani. Come ricordo e monito, i sagaci Charlie hanno lasciato lì all’ingresso il carro armato che ha sfondato le ultime resistenze. Come per dire: ve l’abbiamo rotto il culo eh?

Ora, non so se vi ricordate la scena de Il Cacciatore in cui si vedono gli elicotteri americani andarsene di fretta decollando dal tetto dell’ambasciata.
Ecco, vincere la nostra guerra vuol dire che chi occupa impunemente il cuore del nostro Milan se ne possa andare un giorno – speriamo non troppo lontano – con la stessa impellenza.
Nel frattempo questa battaglia l’abbiamo portata a casa. E avete presente Trainspotting?
Prendete l’orgasmo più forte che avete mai provato. Moltiplicatelo per mille. Neanche allora ci siete vicini.

2 Risposte a “Tenera è la notte, cap. VII: Milan-***** 3-0”

  1. Beh lo abbiamo fatto studiare tanto il ragazzo dopotutto….ci mancherebbe anche con tutti i sacrifici….

    Poi lo abbiamo pure coltivato….nelle lunghe trasferte Calabre stai tu 12 ore a sentirlo sparare minchiate sul montaggio analogico di Fassbinder….

    Un predestinato narratore della decadenza rossonera….

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