Una Stagione all’Inferno. Prologo. MilanPeesvè e oltre

28 agosto 2013

La genesi era di quelle promettenti. Tornato fresco fresco a Milano, mi fiondo in banca per prendere il biglietto della partita. Ad accogliermi c’è un omino anonimo che mi guarda con le stesso sguardo disincantato che ha il farmacista di “Amore Tossico” quando Ciopper entra e chiede tre spade e un’acqua. Avete presente? Come per dire: hai una dipendenza grave e per me inconcepibile, ma io sono qua a fare il mio lavoro, non per esprimere giudizi, a casa c’ho il lavandino che perde, mia moglie che ha il mal di testa perenne e mia figlia di 14 anni che posta le foto da zoccola su Instagram. Vedi tu. Addirittura, mi mostra lo schermo, dove con grafica antidiluviana stile Commodore 64 mi fa vedere che praticamente l’intero Secondo Verde è esaurito. Ma pensa te. Poi uno dice che il Cuore Rossonero batte ancora a e la nostra lotta è cominciata ora. Cazzo, ci credo.

Sarà la fine dell’estate, sarà il fascino delle notti europee, sarà il richiamo del Peesvè, una squadra storicamente tignosa, che ha avuto il merito di regalarci Ruud Gullit (in cambio di un sontuoso pacco di banconote) e che abbiamo ciclicamente incontrato in questi anni. Mi ricordo l’andata della semifinale di Champions del 2005: ero arrivato tardi dal lavoro e invece di passare dal baretto stavo entrando direttamente sotto la Sud, quando fra la folla ignara che salamellava e premeva sui cancelli, si distinguevano chiaramente le loro vedette che se ne andavano in giro con cellulare in mano e sguardo attento. Dei cazzo di Otello simili a Tyson di un metro e novanta che mai vorrei bussassero alla mia porta per un recupero crediti. Non per essere paranoico, ma alla faccia della nazione dei tulipani e degli zoccoli di legno, pochi anni prima i loro compaesani del Feyenoord erano venuti in gita a S.Siro in Coppa Uefa contro l’Inter e avevano spazzato tutto, concedendosi anche il lusso delle scritte sul baretto – un gesto, nella logica deteriore degli ultras (cattivi, cattivi), paragonabile al tornare a casa e trovare uno che, non solo ti ha scopato la donna, ma si è scolato il tuo six pack di Moretti in frigo e se ne sta in salotto sulla tua poltrona preferita, con i piedi appoggiati al tavolo Liatorp che hai comprato all’Ikea di Corsico ai saldi primaverili sgomitando fra quelli col borsello e le finte Gucci.

Stavolta entro e i Peesvè se ne stanno appollaiati al terzo anello, nemmeno troppi, ululanti come sono sempre le tifoserie che arrivano da quelle parti là. Il resto dello stadio è bello pieno, e mentre apro lo stendardo dell’Herbert Kilpin insieme a Colo, vedo che per la prima vota la Sud ha avuto un moto d’intelligenza e indipendenza intellettuale, scrivendo quello che tutti, io, Colo, i miei amici milanisti, quelli non-milanisti, quelli che incontro per strada, al bar, a lavoro, tutti quelli che leggo su Twitter, Facebook, YouPorn, Cam4, persino quelli del Peesvè pensano:

ma come cazzo ti viene in mente di prendere una punta come Matri,

se abbiamo una difesa da mettersi le mani nei capelli e un centrocampo in cui se si spegne Monto (che con tutto il bene, ricordiamocelo, non è mica Iniesta e manco Hernanes) non gira una palla che sia una?

Che poi Matri, poveraccio, mica ce l’abbiamo con lui, anche se sotto sotto, la sua esultanza levandosi la maglia della gobba dopo aver messo l’1 a 1 in quel Milan-Juve di due anni fa ce la ricordiamo ancora (…oltre al fatto che doveva essere il 2-1 al massimo, ma questo è un altro discorso), brutto infame che non sei altro.

E invece: pronti via e dopo pochi minuti al generoso pubblico rossonero gela il sangue: cross, uno (Matavz) salta indisturbato fra le belle statuine della nostra difesa e l’incrocia a dovere, Abbiati la prende e devia. Terrore.

Da lì in poi gli olandesi ci provano e riprovano come se fosse il colpo segreto che dopo tre giorni muori: mi immagino il loro allenatore, l’onomatopeico Cocu, che in settimana con davanti la lavagna degli schemi totalmente bianca gli dice “bona, ragazzi, non stiamo a raccontarcela: voi buttatela in mezzo che prima o poi la cazzata la fanno. Cioè rendetevi conto, hanno come centrali Mexes e Zapata e pensate che Allegri vuole una prima punta, ahahahah” e tutto il resto dello spogliatoio giù a ridere dandosi grosse pacche sulle spalle mentre gira un cannone di Ciaras.

E da lì in poi, questo fanno i minorenni di Eindhoven: la mettono da ogni dove, dal fondo, dalla trequarti, dal limite dell’area. All’inizio del secondo tempo credo abbiano battuto il record mondiale degli angoli per minuto, battendone un centinaio di fila. Insomma appena possono, oplà un bel cross. E noi a cagarci in mano ogni volta.
Fortuna che al nono del primo tempo si era risvegliata la mummia più famosa dai tempi di Tutankamon, Kevin Prince Boateng, che forse stimolato dal ritorno nella nazionale ghanese (sono soddisfazioni) aveva sparato all’angolino il gol del vantaggio, lasciandoci intravedere quell’iraddidio di cui ci eravamo innamorati il primo anno e che poi era sparita negli altri due a farsi paparazzare con la Satta.

C’è da dire che il vantaggio ce lo meritavamo tutto, visto che avevamo sfiorato il secondo gol in almeno tre occasioni – la più clamorosa, la traversa boombastica che ha preso il povero ElSha, su cui va di moda buttare la croce addosso, e a cui invece almeno ieri proprio non si può dire un cazzo, per impegno dedizione e umiltà. Ma diciamocelo, non solo a lui: qualche nota positiva c’era. De Jong mena e recupera, anche se oltre al passaggio a tre metri in orizzontale non va, De Sciglio dimostra chiaramente di essere di altra pasta rispetto ai suoi modestissimi compagni di retroguardia (anche se si perde uno del PSV che a momenti ci mette l’1 a 1). Balo è davvero di un altro pianeta come personalità e classe, mette dentro il 2 a 0 e sarebbe da 8 se non avesse la tendenza latente a farsi ammonire sempre e comunque.

E non solo. Intravedo già la prossima battaglia civile da portare avanti, dopo quella, spero ormai vinta, di De Sciglio al posto di Constant (avete presente? E’ quello col nasone che ammirava Toni mentre la buttava dentro. Toni forte di testa, ma chi l’avrebbe detto. Uno famoso per i suoi dribbling ubriacanti e la sua trivela alla Quaresma). La nuova missione è ovvia: Poli in campo al posto di Muntari. Sulley è nettamente quello più in difficoltà a centrocampo, non incide, è lento e perde palloni, mentre Poli è incajennito e ha una voglia matta di giocare. Infatti entra e oplà, confeziona l’assist per il 3 a 0 sempre di KPB.

La sensazione che messi come stiamo, in mezzo non si possa prescindere da una linea Poli- De Jong- Monto-X dove X dovrebbe essere un giocatore dotato di piedi e sapienza calcistica, che naturalmente mai arriverà. E sapete perché? Perché nonostante uno come Eriksen abbia 21 anni e costi 10 milioni, noi prendiamo Matri!* Ah che felicità.

Insomma, arriva il fischio finale, la Sud invita a spendere senza se e senza ma tutti i soldini guadagnati faticosamente con questo preliminare (bravi, giusto, ma due parole sulla figura di merda incrociata Tevez-Ljiaic no?) e io me ne torno a casa, dove faccio in tempo a vivere un’illusione lunga cinque minuti: Acciuga impermalosito si è dimesso. Non ci credo. Se è un sogno non svegliatemi.

E infatti non è vero.

Scherzava. Oh oh che ridere. Il famoso humour livornese. Invece purtroppo sono vere le parole profferite da Cravatta Gialla, un uno-due di avanguardismo futurista che al cospetto, Marinetti si sarebbe tirato indietro nella sfida finale di Amici: “In difesa rientra Bonera e siamo a posto così”

(…Bonera, avete letto bene).

“A centrocampo abbiamo più giocatori che possono rivestire lo stesso ruolo”

(tipo?)

“L’allenatore mi chiede una punta e cercherò di accontentarlo” 

(come dire: se si dimostra una cazzata è colpa sua, mica mia)

Ora, Acciuga: io non ti ho mai amato. Anzi. Da quando poi sei sceso in campo a Siena schierando dall’inizio davanti Niang e Robinho per me si è proprio abbassata la saracinesca della comprensione. Ma adesso inizi davvero ad esagerare.

La 24 ore successive mettono a dura prova il mio self- control: Matri ufficiale, Eriksen fa le visite mediche con il Tottenham. Lo spettro del ritorno di Kakà. Soprattutto i sorteggi di Scempions. Le risate. I nani again. Ancora quell’orrendo patapimpatapam. Ancora 90 minuti di ansia in casa, e delle sonore sberle al Camp Nou. Ce la vedremo con i papisti irlandesi e lancieri del Bengala per il secondo posto. Ho solo una preghiera al Bambin Gesù. Nigel (De Jong) da oggi a quando te lo ritroverai davanti fai una cosa: metti sull’anta dell’armadietto a Milanello una foto delle tibie del nano argentino.
Se non i tre punti, portaci almeno i suoi legamenti.
* (che poi io covo un sogno irrealizzabile ma che mi darebbe una soddisfazione immensa: pigliamo Sneijder. Il Galatasaray lo svende e lui sarebbe disposto a tornare a Milano galoppando. Certo, il sospetto mica tanto latente è che abbia un piccolo problema con l’alcool, ma avete idea della faccia che farebbero i cugini? Quando l’ho accennato ad un mio caro amico di fede avversa il suo commento lapidario è stato “mi do’ fuoco”. Chiudete gli occhi: Wes che indossa la maglia rossonera e mezza Milano trasformata in un rogo di Nerone di merde bruciacchianti. Alè!

3 Risposte a “Una Stagione all’Inferno. Prologo. MilanPeesvè e oltre”

  1. Conte Fiele, i tuoi racconti sono sempre uno spasso!!! In più sono condivisibili, complimenti e forza Milan nonostante tutto!

  2. …..e magari torna Yolanthe…..yuk..yuk!!!! Se poi penso al ritorno di Kakà….non scrivo oltre per evitare una denuncia penale…

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