Una Stagione all’Inferno 5 – Milan-Ùdin 1-0

L’imbarazzo è sceso sovrano ad un certo punto, mentre erano tutti lì che si davano le pacche sulle spalle in spogliatoio. C’era Abate che si mangiava i Fonzies e Montolivo si versava il chinotto, poi ad un certo punto Ricky si alza e fa: “occhei ragazzi, come rientro non c’è male, però non va bene così. Quando salgo Clarence mi deve accompagnare, non deve andare dove cazzo gli pare. E poi sbaglia gli appoggi ad un metro, cioè lento è sempre stato lento, ma almeno i piedi.. e spiegatemi anche Matri. Quando facciamo la partitella in settimana contro la Primavera se la cava- a parte che non la butta mai dentro- ma adesso, farlo giocare addirittura in campionato..dai, vuoi dirmi che Sheva e Pippo erano squalificati tutti e due? Manco il Cobra Tomasson era disponibile? No eh? Niente, Milan Lab è il solito disastro… E poi anche Pendolino, ma che taglio di capelli si è fatto? E poi gli cresciuto un nasone, ma che gli è successo…”.

Erano tutti lì che non sapevano cosa dire e hanno dovuto mandargli il Tasso, che l’ha preso sottobraccio e sottovoce gli ha spiegato che Clarence se ne è andato a Rio a menare la gibigianna a due all’ora al Botafogo e quello là era Muntari, che Matri dalla Primavera ha fatto un giro un po’ lungo e adesso è il centravanti titolare e che soprattutto quello con il nasone non è Cafù, ma Constant, un prestigioso nazionale della Guinea (almeno cosi lui dice). *
Niente, Ricky si era convinto di essere il Micheal J Fox di Milanello ripiombato a bordo della sua Delorean nell’epoca d’oro fra il 2004 e il 2007. Il bello che per un attimo ci abbiamo creduto pure noi, che fessi come il protagonista di “Cinque giorni che non dormo” di Zarrillo eravamo tutti lì con gli occhi lucidi ad applaudirne l’ingresso in campo quando mancava un ricco quarto d’ora alla fine dal match. Sarà l’effetto dei telefonini (praticamente S.Siro illuminato a giorno) che riprendevano la scena, sarà la commozione, ma ragazzi, pensavo peggio. Che alla fine un pensiero serpeggiava su S.Siro: sarà diventato lento, sarà diventato prevedibile, ma uno che è nato coi piedi di seta di colpo non può essere essersi scordato come si gioca, no? E infatti oplà, in un quarto d’ora il Figliol Prodigo dispensava un po’ di saggezza calcistica, ricordandoci che un tempo che fu con la maglia rossonera vedevamo pure gente che con il pallone ci faceva quello che gli pareva, invece di liberarsene terrorizzato come se fosse una bomba a mano in procinto di scoppiare con tanto di miccia che si consuma.

Fra le altre, Kakà aveva soprattutto messo una palla al bacio a Forever Niang, la cui involuzione inizia a diventare degna di una puntata speciale di Quark. Va bene è giovane, ma non la butta dentro nemmeno con la fionda. Anzi, le sbanana proprio vergognosamente. Il generoso pubblico di S.Siro, le cui aspettative sono planate talmente verso il basso da emozionarsi per una diagonale di Abate (che comunque ci ha salvato la partita) inizia ad essere ferocemente manicheo. Certi proprio non li sopporta più. Niang è uno di questi; Costant, al pari di Zapata, è tollerato come una sciagura inevitabile (con De Sciglio rotto, chi ci metti al loro posto?), Muntari raggiunge livelli di indisponenza mozartiani e si sprecano le illazioni nel cercare di capire perché Acciuga lo faccia giocare sempre (…”perché non capisce un cazzo di calcio” è l’opzione più gettonata).
In compenso, pullulano gli eroi positivi. Intanto, il Valterone Birsa, con quella faccia e quel nome da divo dei telefoni bianchi, nemmeno fosse un Amedeo Nazzari vestito da cavallerizzo. Il Birsa, ammettiamolo, non è niente male, non solo per un gol che se l’avesse messo Neymar sarebbe di diritto nei titoli di testa di Fifa 2013, ma anche perché fa ripartire tre-contropiedi-tre che danno l’idea di una squadra che si muove in verticale e non solo lungo la longitudine che attraversa la Basilicata. Peccato che poi, regolare, nel secondo tempo si spenga come una lampadina Osram bruciata nella sala d’aspetto della stazione dei treni di Novara.

E poi, Ladies & Gentlemen, il Mago Gabriel. Per capire quanto siamo scesi in basso, c’e’ stato un momento in cui S.Siro si è scappellato in una standing ovation, cioè quando il portierino ha fatto una cosa ovvia del suo mestiere, cioè è uscito. Tutti abbiamo pensato: ma allora non c’è una postilla nel regolamento che vieta espressamente al portiere del Milan di fare un’uscita. Ora, con tutto il cuore, non si può volere male ad Abbiati, non fosse altro perché almeno due trofei che abbiamo in bacheca sono arrivato con il suo indispensabile contributo (la parata su Bucchi per lo scudo del 99, quella su Kallon nella semifinale di Champions del 2003. Aggiungerei anche il volo su Diamanti contro il Bresà nell’ultimo lontanissimo scudo del 2011). Però ormai è troppo tempo che siamo abituati a vedere Briciola inchiodato fra i pali, mentre nella nostra area passano palloni che i nostri centrali guardano come fanno i bambini con gli aquiloni al Parco di Trenno. Comunque calma e gesso, perché giustamente il Mago Gabriel non è nelle liste Champions e contro il Barca in porta ci va la Nonna Amelia (almeno due gol subiti di media con lui in porta).
Ma torniamo ai centrali. Ma sto Silvestre? Sta lì dietro, fa il suo, non rischia niente. Soprattutto, nel dubbio, spazza, invece di credersi l’erede di Beckenbauer come qualcun altro. Stai a vedere che.

A giudicare dalla punizia che è andato a prendere al sette, se c’è uno che si accorto che in porta c’era il Mago Gabriel quello era Totonno Di Natale: uno che mi immagino vada in giro ancora adesso per le strade di Udine con il traduttore simultaneo. Già praticamente non si esprime in italiano corrente, figurati farsi capire da quelli là. Con un traffico nello spogliatoio di Udine che sembra un B&B di Benidorm ad Agosto, Totò si deve essere rassegnato a chiamare tutti i compagni “Ciccio” o “Ehi tu”. Pensateci un attimo: fino a due-tre anni fa se la palleggiava con el Nino Maravilla Sanchez, a centrocampo c’aveva Inler, Asamoh e Isla in porta Handanovic. Adesso come soci ha Allan, Gabriel Silva, Pereyra (non quello buffo dell’Inter), Naldo. Ma chi sono? Dove li vanno a comprare questi? Al Lidl di Monfalcone? Povero Totò. Che poi detto fra noi, che sbattimento finire ad Udine. Ogni volta andarci in trasferta era un’odissea nella prateria della noia. Addirittura con il treno passavi vicino ad un cartello con scritto “Confine con la Slovenia 10 km” e ti passava il dubbio che magari stavamo andando a vedere un preliminare di Champions contro l’Olimpia Lubiana. Almeno mi dicono il Friuli lo stanno rifacendo perché all’epoca non si vedeva un emerito cazzo. Di loro poi non ne parliamo. Non me ne vogliano eh, ma se non fosse per uno dei nomi più divertenti della storia (Teddy Boys, cioè l’incrocio fra Teddy Reno e un orsacchiotto) non ci sarebbero molti altri motivi d’interesse. L’unica volta che a Udine si è ballato un po’ il samba è stato un infrasettimanale finito 0 a 0 (6 Gennaio 1994) in cui ci hanno infamato Desailly in un modo per cui oggi gli chiuderebbero il Friuli inteso come regione, non come stadio e basta. All’uscita belli garruli avevano fatto pure la mossa. Voci attendibili mi raccontano di un nostro kilometro lanciato al’inseguimento per cui gli abbiamo fatto il giro dello stadio, tanto c’erano i paninari che vendevano le salamelle a prendere l’intertempo. Run baby run baby run. Che nostalgia.

* sì lo so, noiosi. Cafù era un terzino destro, mentre Costant sta sulla sinistra. Non state tanto a fare i pignoli, sennò dico a Sulley che siete stati voi a rigargli la Ford Taurus targata Accra.

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