Cronache del Dopobomba Cap. 6: Milan-Chievo 5-1

Occhei, lo ammetto. I miei primi 20 minuti dell’inevitabile Milan- Chievo li ho passati da MediaWorld in compagnia di un commesso ciccione rastammanno, quindi sono arrivato dopo che Emanuelson l’aveva messa e Pellissier aveva pareggiato. Il clima, era di palpabile pre-presa della Bastiglia. Un attimo prima del precipizio.

Poteva essere il diluvio e invece Montolivo ti trova il diagonale che spariglia e riporta il sereno. Poco dopo Bojan con un tiro a due all’ora addirittura fa 3 a 1 nel primo tempo. Robe d’altri tempi.

E lì ho capito che era uno dei quei giorni in cui la legge di Murphy funziona all’incontrario, proprio come quando vai al liceo e anche se per tutto l’anno hai preso 4 in matematica, ti capita di culo, inspiegabilmente e come un’esegesi divina, di beccarti un 7 in un compito in classe. Che torni a casa e dici ai tuoi: t’e vist?
Ma facciamo un passo indietro, che sono anni che me la tengo qua: il Chievo. Parliamone. La squadra simpatia. 

Sono insopportabili.

Cresciuto studiando sulle tavole della legge, da quando sono bambino mi hanno insegnato una verità fondamentale: se noi siamo Atene, Verona è Sparta. Il nostro nemico, la nostra nemesi. Al mio primogenito farò vedere le foto di Nicola Berti, di Antonio Conte e di Victor Sotomayor e gli dirò: figlio mio, giura che porterai avanti la mia battaglia.

Stanno un gradino sotto i gobbi e le merde, ma siamo lì. 1973, 1990. Il 5 a 3 arrivato pochi giorni dopo la finale sfiancante di Salonicco. Il 1990 con Lo Bello che espelle tutti. Van Basten, un signore, che si sfila la maglia e lo manda a fare in culo. Pure mio padre, che era la persona più educata al mondo, quel giorno si era incazzato e cristava ascoltando la radio. Le immagini in tv di un disastro inimmaginabile: noi che finiamo in 8 (!), i nostri che cercano di sfondare le vetrate per entrare in campo. (*)

E poi. La mia seconda trasferta nel 1991, la gente normale che mi tira i vasi dai balconi, il serpentone infinito verso il Bentegodi, le prime file che arrivano diritte diritte dagli anni 80 e camminano con le aste in mano. La goduria nel 2002 quando vinciamo lì in rimonta due a uno e li mandiamo in B. Siamo venuti fin qui/ siamo venuti fin qui/ per vedervi finire in B. Che pure in C sarebbero andati, ma mai avrei immaginato. Da allora, ovviamente, mi mancano e li sto aspettando.

Verona: il nemico. E poi ti arriva il Chievo. La versione de-nuclearizzata degli Hellas.

Non sono razzisti, non fanno bu bu. E ti dicono: uh che bravi i ragazzi della diga, meno male che ci sono loro, il volto simpatico della città. Ma a che servono?

Insopportabili. Torni al Bentegodi anni dopo. Niente, una festa paesana. Una noia. E non vanno mai in B, questi maledetti. Mai.
Quindi, giustamente, devono morire (sportivamente parlando s’intende, dai) loro e quell’orrenda seconda maglia che sembra rubata alla contrada dell’Oca e che riesce a resuscitare persino gli insospettabili. Perché è vero, come scrive Henry Rollins, niente fa godere di più dell’autocommiserazione.

Però a tutto c’è un limite, e quindi ammettiamolo: occhei, Montolivo inzia a sembrare un giocatore. Chiaro non è Pirlo, però ha un perché, che è già molto. Come Bojan. Sta vedere che è capace. Ad un certo punto giochiamo come una versione Lidl del Barca. Ripartenze, triangolazioni di prima, contropiedi fulminanti (oddio, fulminanti… Veloci). Solo la difesa ti lascia quella sgradevole sensazione che da un momento possa arrivare il colpo di follia, con quel Mexes che sembra un testimone vivente della sindrome bipolare.

E poi. Il Faraone deve aver sacrificato una vagonata di vergini ad Anubi, perché è in uno stato di grazie spropositata. La mette, doppia Costant sulla fascia andando a coprire fino alla nostra area, salta l’uomo, detta i tempi dei passaggi, si mette a fare gli assist, riesce persino a far segnare Pazzini, praticamente scaraventandogli addosso una palla alla velocità della luce. Ma quanto è forte.

Finisce 5 a 1. In tre giornate incontreremo viola, pulcinellas e gobbi, ma per adesso non pensiamoci. La gente è felice e batte le mani. La curva canta e ricorda Fabrizio Pedretti detto Pedro, che qualora non lo sappiate, era il genio dietro a tutte le coreografie fatte fino a quando è esistita la Fossa dei Leoni. E anche se su questo ce ne sarebbe da dire, ma per un giorno ti va bene così, che non si può cagare il cazzo vita natural durante. E allora ciao Pedro, amico mio.

(*) Che poi esiste una giustizia divina. Ci sono uomini che hanno avuto una carriera discreta, ma nobilitata da brevi e fulminanti istanti di gloria. Come Comandini nel derby del 6 a 0. Come il Condor Agostini che una settimana dopo quel Verona Milan, li ha mandati in B con la maglia del Cesena. Ce lo siamo comprati subito dopo. Quel che è giusto è giusto.

3 Risposte a “Cronache del Dopobomba Cap. 6: Milan-Chievo 5-1”

  1. (e me li ricordo, gli Hellenici, ai loro brutti tempi, arrivare in stazione Centrale, mettersi i caschi gialli a protezione della prestigiosa cervice, e marciare a mo’ di formazione paramilitare verso lo stadio)

  2. come accetterei diversamente questo milan, questi giocatori, questa società, se ci fossero ancora le coreografie di pedro, se ci fosse ancora la fossa, se ci fosse ancora la vecchia sud.
    E invece ogni cazzo di domenica (domenica ormai si fa per dire) dobbiamo assistere a questo scempio di tifoseria che NON ci siamo meritati.Pazzesco

  3. Dai ma il Chievo è l’unica squadra di quartiere presente nel nostro campionato. Un’eccezione vivente. Poi è una squadra che si salva ogni anno pur non avendo una rosa forte, giocando di squadra e facendo gruppo. Poi con loro sono 6 punti assicurati ogni anni quindi io non mi lamenterei!

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