Cronache del dopobomba 18. Milan-Toro 1-0

05 Maggio 2013

Mi ricordo quando all’alba dei miei vent’anni era in piena esplosione la cosiddetta scena Brit-Pop. Fra gli altri, andavano alla grande gli Suede: nel video di “Animal Nitrate” il leader Brett Anderson si muoveva sinuoso come un derviscio roteante, lasciando insinuare un’ampiezza di vedute sentimentali che un po’ ci lasciava smarriti. Non è che all’androgino, sofisticato e sinuoso Brett di cui sopra ci piaceva un po’ la minchia? Il sospetto è che un po’ ci fosse e molto ci facesse. A stabilire la verità sull’argomento ci ha pensato come sempre quel cockney di Damon Albarn, chiosando con queste fondamentali parole: “Finchè si chiacchiera siamo tutti bisessuali. Ma alla fine, quando si tratta di arrivare ai fatti, non c’è niente di meglio della figa”. Punto, set, partita.

Perché dico questo. Perché io c’ho la mia piccola ambiguità sentimentale, anche se non la stessa dell’azzimato Brett. Da sempre ho debole, più che un debole, per il Toro: ne ho sempre ammirato la storia, la passione incrollabile dei tifosi, il senso biblico di sfiga che vi grava sopra. Aver fatto avanti indietro per Torino per 6 lunghi anni come studente non ha che consolidato questa mia innata simpatia.

Ricordo ancora i loro festeggiamenti per la vittoria della Coppa Italia del 1993 (e sto dicendo la Coppa Italia) come una delle più grandi feste di strada mai viste in vita mia, con gente che ballava nelle fontane e si abbracciava come se l’Italia avesse vinto la guerra, riconquistando l’Istria, la Dalmazia, la Corsica e il Vallo di Adriano, con la Kamchatka come gentile omaggio. Inoltre, mi stupisce ogni volta scoprire che c’è qualcuno che odia i gobbi come me. Anzi, persino più di me, il che davvero non pensavo fosse possibile. Solo che io, ai subumani centipedi che con grida gutturali festeggiano il loro scudetto, posso ricordare che giusto quest’anno cade il decimo anniversario della notte di Manchester, mentre i granata non vincono un derby dal 1995, ai tempi belli di Rizzigol.

Insomma, entro a S.Siro con un po’ di senso di colpa per la mia simpatia pro-Toro, ma al calcio d’inizio mi scatta immediatamente l’effetto Damon Albarn. Sti cazzi Superga, il Grande Toro, il Filadelfia, Bacigalupo, Schachner, Van de Korput, Mondonico con la sedia alzata nella finale con l’Ajax e Pennellone Silenzi: io voglio vincere, voglio quei maledetti tre punti per tenermi lontano i noiosetti viola.
Peccato che i nostri proprio non ne vogliano sapere: voglio dire, sospettavo che in questa squadra Montolivo fosse importante, ci mancherebbe, ma non credevo che tolto lui, fosse finito il Milan. E invece, Sant’Iddio. Muntari come regista arretrato davanti alla difesa è talmente modesto da non essere vero: immagino che per decidere chi doveva mettersi a fare il Van Bommel della situazione a Milanello in settimana abbiano fatto a chi piscia più lontano. I risultati si vedono, visto che Sulley probabilmente non impostava nemmeno quando da bambino giocava in Ghana fra gli gnu e i lanceri del Bengala.

Non che attorno ci siano lampi di genio: Flamini come sempre mena, recupera e poco più, Nocerino galoppa senza costrutto in mezzo al campo, sfoggiando inquietanti riflessi ramati che ricordano Aldone Biscardi. Boateng dopo qualche incoraggiante passo avanti nelle ultime partite ripiomba nella mediocrità più sconfortante. Davanti poi, non ne parliamo. ElSha non sta bene con la caviglia, preferiamo pensarla così, ma non ne fa una che sia una giusta; Balo è immobile come un totem a genuflettersi per pregare Manitù.
S.Siro si deprime e assiste al Primo Tempo più brutto del creato. Anzi, tocca dire, meno male che Abbiati ci mette del suo, visto il Toro ci piazza un contropiede come Dio comanda, sventato magistralmente da Briciola, che rimane in piedi mentre Barreto gli spara addosso il più facile degli 0 a 1. Per dire, la cosa più bella la fa Mexes, che s’inventa un cross di tacco al volo per Boateng. E se è di Mexes l’highlight di un tempo, beh, c’è davvero da incupirsi.

Inizia il secondo tempo e pensi che peggio di così non possa andare. Macché. Se possibile la notte è ancora più scura, con lievi sussulti all’entrata di Pazzini, mentre il Toro sfoggia almeno altri due ripartenze da manuale, vanificate ancora da Abbiati e soprattutto dalla più ferrea delle logiche calcistiche: se vuoi buttarla dentro, conviene che ti predi un attaccante, un sillogismo che sembra persino banale ma che ultimamente sembra essere sconosciuto ai più, tanto che persino a Firenze pare se lo siano scordato, anche se cagare la minchia risulta molto più facile che fare della sana autocritica.

Insomma, ci stiamo arrendendo al primo zero a zero casalingo della stagione, che oltretutto sarebbe già troppo, quando Mexes (ancora lui!) fa la torre, Balo la mette da zero metri, e si denuda con conseguente, ovvia, ammonizione. Certo che sfiga che c’ha il Toro. Spiace.

Voliamo a più quattro dai bravibuonimaltrattati viola, con la prospettiva di andare mercoledì a Pescara, il che, con tutto il rispetto non è esattamente come andare in avanscoperta al Camp Nou. Certo mancherà ancora Montolivo. Chi si metterà a fare gioco? Ancora Muntari? Arretrerà Robinho? Si inserisce Ambro (ma siamo punto e da capo)? Forse, è il caso di riflettere sul fatto che, in una rosa di squadra di Serie A che ambisce ai primi tre posti in classifica, non ci dovrebbe essere solo uno a saper fare una cosa tanto ovvia come giocare a calcio. O no?

Una risposta a “Cronache del dopobomba 18. Milan-Toro 1-0”

  1. Partita raccapricciante di buono solo i 3 punti, grazie al cielo Barreto è una super-pippa…..

    A.A.A. Cercasi Centrocampista Riserva che sappia fare qualcosa con il pallone e non solo menare o bivaccare in campo.
    Telefonare ore pasti da Giannino e chiedere dell’ Imperatore del Mercato.

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