BPM (Beat Per Matches): Pinball wizard ovvero Milan-Bologna

(di Max Bondino)

Avete mai giocato a flipper? Lo so. Una domanda con questo peso sociale, ad inizio millennio, avrebbe avuto valenza simile a: Hai mai provato l’ossigeno? Dicono sia molto “healthy”. Oggi, però, ci sono ottime possibilità che un ventenne non l’abbia mai fatto così come non ha mai provato a ripiegare uno stradario Michelin dopo averlo spianato sul cruscotto. La differenza sostanziale è che un’idea del flipper ce l’ha anche la generazione Z (grazie alla cultura pop retrò delle serie tv o per averne scaricato l’emulatore a 1,99 negli store di Playstation e Xbox) ma se non l’hai mai afferrato per i fianchi, almeno una volta, non si può capire quanto racconti bene la capacità di perderci nelle distrazioni, nell’effimero, la perversa dote dell’umanità di abbracciare prevalentemente le cazzate, nella vita, dimenticando il resto. Ammettetelo dai, avete parlato più dei 120 milioni per Leao, questa settimana o della partita col Bologna? Quanti tweet per ironizzare su Onana e quanti per l’esordio di De Ketelaere?
Le luci colorate, i suoni, i bouncer che fanno schizzare la pallina, lo stesso punteggio che aumenta in maniera spettacolare è lì per fotterci, far dimenticare che il gioco vero si svolge altrove, in basso, sui due flipper, appunto.

The Who, lo raccontavano bene. Non a caso il loro Pinball Wizard era un ragazzo cieco e sordo, capace però di diventare tutt’uno con la macchina, percepirla, estraniarsi per poi elevarsi. Ci ho provato questa settimana, ad ogni prima pagina demente, ogni tweet di mercato e guerriglia social, ho sempre cercato di pensare a quando sarei stato di nuovo qui, tutt’uno con la mia gente, verso San Siro.

Sto scrivendo questa prima parte del “BPM” in metro, sul cellulare che, in Stachanov-mode, pesca da una delle playlist che ascolto più spesso. Lo stadio dista, da casa mia, circa 4 pezzi. Ho già ascoltato Numb di Elderbrook, Running to the Sea dei Royksopp e i Flunk con “Six Seven Times”, mentre spingo il tornello che spalanca la vista sul tempio, i Moloko cantano “nothing can come close to this familiar feeling…” ed hanno ragione, come sempre capita alla musica.

Sono un po’ in ritardo e il primo “Pioli is on Fire” mi investe sulle scale, nella pancia di San Siro, ovattato ed invadente come i bassi nei cessi delle discoteche. Mi lancio il più velocemente possibile verso l’alto, divento la pallina del flipper, a rimbalzare fra seggiolini e transenne in cerca di punti da accumulare, possibilmente tre. Terza maglia, stasera. Ho incrociato uno che la indossava già. Mi limito a dire che la dovete smettere, intendo proprio voi, smettete quantomeno di comprare qualunque cosa non sia rossonera o bianca e guardate con sdegno chi lo fa, proviamo così. Siate la resistenza.

Due momenti molto divertenti alla lettura delle formazioni: l’ovazione per vecchio cuore Sansone in mezzo ai fischi di rito per i rossoblu e il tono distintamente avvilito con cui tutti declamano Ba-ka-yo-ko. Il primo quarto d’ora vola via cercando di distinguere i nostri dagli steward quando corrono vicino alla linea laterale, grazie a quei favolosi inserti fluo sulla schiena. Non succede granché, il ritmo è abbastanza basso, il Bologna timoroso e sbaglia molto non appena accenniamo un minimo di pressing. Maignan fa il regista basso in cerca di Giroud mentre Kalulu regala le prime giocate difensive dell’ennesimo match inaudito con un’arroganza contemporaneamente lucida ed inconsapevole. È diventato un contenitore di talenti, una specie di bellissimo mostro di Frankenstein costruito coi pezzi dei migliori difensori che abbiamo avuto (e ne abbiamo visti di bravini, eh). Il best of dei primi 15 minuti siamo noi che, come un unico gigantesco organismo vivente composto da settantamila persone, alziamo in synch la soglia dell’attenzione quando la palla scorre vicino al numero 90 che trasforma in bellezza ogni pallone che tocca.

Al 17esimo pioggia di applausi per Leao con un grandissimo recupero difensivo (e non sarà l’unico) su Cassius che ci commuove, ripensando allo scazzo che accompagnò le sue prime stagioni qui. Ma è al minuto numero 20 che San Siro abbandona definitivamente ogni remora e inizia a guardare De Ketelaere con gli occhi scemi dell’amore. Il belga va a contrasto dietro la linea di centrocampo con Schouten che non lo sposta di un millimetro, si gira e punta la porta. Sono 35 metri, palla al piede, di un’eleganza, rapidità e armonia nella corsa che andrebbero esposti al Mudec. Scarico a sinistra su Rafa in area che la chiude sul primo palo. Ha segnato l’AC Milan, campione d’Italia.

Passano altri 5 minuti e a De Ketelaere potrebbero iniziare a lanciare reggiseni dagli spalti. Sandro Kalulu, con accento romano, anticipa ed esce di prepotenza dalla propria area con la testa alta tipica della gente di Travagliato e s’invola con la gamba del figlio di Cesare verso la porta, passa a CDK sulla trequarti che stoppa, fa una veronica, infila un biglietto da visita nei pantaloncini di Dominguez e con uno scavetto bello come un cubetto di ghiaccio sulla schiena di Kim Basinger, mette Pierre solo a un metro da Skorupski.
Indeciso se tirare o darla a Giroud lì a fianco, gliela scalcia malamente contro. Olivier non la prende benissimo ma ricorda la compassione e la comprensione che professa il suo miglior amico Gesù e da buon cristiano prende a calci il palo al posto del compagno. San Siro, applaude la giocata di Charles per un minuto e mezzo abbondante disinteressandosi della partita che continua, sembra quasi che il Milan abbia segnato di nuovo. Vengo allo stadio per questa roba qui, io.

Fredda cronaca: al 27esimo, tiro di Messias, centrale (ma quantomeno l’unica cosa “dritta” della sua partita), un discreto destro di Giroud al 44esimo, fuori di poco dal limite dell’area e in pieno recupero il pezzo forte di Leao, 50 metri lanciato nell’iperspazio verso la porta avversaria con tiro nell’area piccola che Skorupski chiude bene.

Il secondo tempo inizia con Leao in cerca, più volte, del “tiraggir” (ci prova con insistenza da Ferragosto, arriverà) mentre il Bologna (roba che accade solo in Serie A), perde spesso tempo pure in svantaggio. Credo sinceramente che questa attitudine sia un problema enorme quanto gli stadi fatiscenti. Al 54esimo però, brividone su una buona palla in mezzo di Cambiaso su cui Arnautovic va in spaccata, mancandola di poco.
Tre minuti dopo, quel disturbo mentale chiamato “costruzione del basso” ci regala il raddoppio. Il Bologna tenta di uscire, alziamo la pressione, Calabria obbliga proprio Cambiaso a un traversone al contrario verso la propria area, Leao intercetta dal limite, osserva il movimento di Giroud e la alza in mezzo, morbidissima.

Si torna al Mudec: la semi girata volante di Olivier sembra una delle fotografie “gestuali” di David La Chappelle. Fate uno screenshot del gesto acrobatico, ritagliatelo e inseritelo con Photoshop nel quadro che preferite di Michelangelo: è al suo posto.
Al 67esimo, il tiro più pericoloso dei rossoblu, dal limite, colpisce il palo dopo un mezzo schema su punizione con Maignan ampiamente sul posto di guardia. Entrano Adlì, Pobega, Gabbia, Saelemaekers a far rifiatare i titolari ma soprattutto Fode Ballo-Tourè, in modo che il direttore sportivo del Galatasaray (o un altro a caso), non avendo trovato nulla su YouTube del nostro eroe, possa goderselo per venti minuti. Al buon Ballo ne bastano due per mandare tre volte in vacca tutto il reparto rischiando di riaprire una partita che non è stata in discussione neppure quando stavamo ancora davanti al porchettaro. Surrealismo, per rimanere in tema visita museale. Al 71esimo al Bologna manca un rigore che somiglia moltissimo a quello che abbiamo avuto a favore contro l’Udinese. Nel recupero, Calabria va vicino al 3-0 dopo una bella incursione nello stretto in area con Saele e Leao.
I minuti di recupero sono solo tre, “da una vita lo cantiamo” riecheggia da dieci.

28 Agosto, 7 punti, tre giornate. Rotolo verso il basso come la pallina del pinball e il flipper di sinistra mi lancia verso casa. Altri quattro pezzi verso una meritata doccia. Accendo al volo la tv appena rientro e Giroud, intervistato nel post partita, sgancia lì un “Football is an everlasting new beginning”.
Dai, che ora cominciamo.

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