A Love Supreme, ep. XIV. Male, male.

Male, male, male. Male com’è iniziata, male com’è finita. Male tutto.

Ci avevano scommesso, era la partita, il derby che finalmente ci poteva dire se stiamo per tornare finalmente grandi. La risposta è NO. Almeno per ora. Non che ci illudessimo: un mese a questa parte di partite in cui regolarmente ci hanno messo sotto parla chiaro. In un modo o nell’altro con la Lazzie, la Rometta e persino con il Sassuolo ce la siamo cavata. Domenica sera no, e fin da subito.

Questo siamo: finché restiamo ordinati, precisi, lucidi, teniamo. Quando subentra il panico ci sciogliamo, riuscendo persino a resuscitare zombie con un piede e mezzo nella fossa. Confusione in campo, in panca, ovunque.

Siamo così abituati al piattume di questi anni che facciamo fatica ad accorgerci che diversi dei baldi giovani che indossano la nostra Gloriosa Maglia sono inadatti per i livelli a cui vorremmo competere. Domenica sera si è visto e anche in modo drammatico.

Nella lunga lunghissima strada che ci aspetta per tornare (forse?) ad essere una squadra importante c’è solo un aspetto che è già pronto. Per lottare per lo scudo, per la Champions, per tutto. Ed è il nostro popolo, la nostra gente, che ha riempito San Siro. Le persone che erano da ore fuori dallo stadio ad aspettare la partita, tutti quelli che ne parlavano da giorni, settimane, con un entusiasmo ed una voglia incredibili. Se lo meritano, ce lo meritiamo di tornare dove ci spetta di diritto.


Tutto qua.

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