Never Can 6 Goodbye

Nel fine settimana in cui abbiamo trionfato sulla fortissima Spagna in coppa Davis, anche il Milan ha voluto rendere omaggio al tennis italiano“. Il sale sulla ferita, le battute avvelenate quella sera arrivarono da tutte le parti, compreso il cronista di Radio Rai che si unì alla tarantella sfrenata di chi ballava sulle macerie fumanti del Milan che era stato e che aveva smesso, di colpo, di esistere. Quattro scudetti e tre finali di Coppa Campioni in cinque anni più un numero imprecisato di supercoppe e supercoppette, brutalmente archiviate in 90 minuti in cui i Baresi, i Savicevic, i Simone raggrinzirono di colpo, sopraffatti dal calcio del Duemila.

Era quello un Milan nato sbagliato – nell’illusione che l’eredità di Capello potesse essere raccolta da un uomo compassato come Oscar Tabarez, un alieno a Milanello – e cresciuto peggio, con la grottesca rentrée di Sacchi scippato nottetempo a una Nazionale che non lo sopportava più. Era una squadra senza capo né coda, imbolsita in molti senatori (Baresi-Vierchowod, coppia centrale da 74 anni in due) e profondamente inadeguata in più ruoli, per esempio con una catena di destra composta da Reiziger e Blomqvist (chi se li ricorda?). La miglior Juve in assoluto dell’era Lippi, superiore anche a quella del primo scudetto e della Champions 1996, viveva invece un periodo di forma clamorosa, e solo tre giorni dopo avrebbe dato una spettacolare dimostrazione di forza in casa dell’Ajax, semifinale di Champions. I sospetti che non si trattasse solamente farina del sacco del bel Marcello e che ci fossero anche aiuti di natura farmacologica ci hanno accompagnato fino al giorno d’oggi, autorizzati da sentenze della magistratura che certificarono l’illecita somministrazione di farmaci ai calciatori della Juve dal 1994 al 1998, e da pareri tutt’altro che peregrini come la relazione prodotta per l’occasione dall’ematologo Giuseppe D’Onofrio (che potete leggere ad esempio nel libro Buon sangue non mente).

La partita fu una lenta e crudele esecuzione. Il primo tempo mantenne una parvenza di equilibrio, nonostante il gol del vantaggio juventino avesse già evidenziato sinistre crepe nella nostra antica linea difensiva: Vieri sfuggiva a Baresi e scaricava il destro, Rossi respingeva alla meglio e sulla respinta si avventava, infilando di slancio, uno Jugovic all’apice del suo mai irresistibile atletismo. Il bisonte Peruzzi si esibì in un paio di grandi interventi, in particolare uno su una frustata di testa di Dugarry destinata a infilarsi sotto l’incrocio. Lo sbando iniziò poco dopo la mezz’ora, quando i quattro dietro si fecero cogliere clamorosamente impreparati e Maldini fu costretto a stendere Boksic solo davanti al portiere: rigore trasformato da Zidane. Un altro paio di guizzi dell’inflessibile Peruzzi chiusero il primo tempo, che doveva però sembrarci miele al confronto di quel che ci sarebbe capitato nella ripresa.
Riprese a prendersi gioco di noi ancora il formidabile Jugovic, portando a spasso lo sciagurato Reiziger, rientrando sul destro e beffando Rossi con un rasoterra sul primo palo. Proseguì Vieri, lanciato nientemeno che da quel bischero di Tacchinardi: la nostra retroguardia era ormai più sguarnita del campo di Auschwitz nel gennaio 1945 e il mai agilissimo Bobone ebbe il tempo di stoppare, andare via a Rossi e segnare lo 0-4 a porta vuota. Due minuti dopo un’altra sassata di Jugovic, respinta da Rossi con stile indecoroso, fu corretta in rete persino da Nicola Amoruso. Nel frattempo Sacchi non aveva voluto rinunciare a infliggere l’ennesima umiliazione a Roberto Baggio, mandandolo in campo sullo 0-3: il suo ingresso in campo fu salutato dall’ovazione del pubblico di San Siro. Proprio Baggino scodellò al 76′ il calcio d’angolo rabbiosamente scaricato in rete da Marcolino Simone, in quello che fu il suo ultimo gol in campionato con la maglia rossonera. La vergogna non volle finire prima del sesto gol ancora di Vieri, che all’81’ andò via per l’ennesima volta a quel che rimaneva del povero Capitano e uccellò Rossi con un diagonale sul palo opposto. Arrigo aveva preso a fissare il vuoto davanti a lui già da parecchi minuti. La sua unica mossa, firma in calce del disastro, fu sostituire Desailly con Tassotti, l’ultimo dei vecchioni.

Il giorno dopo mi svegliai con la febbre.

MILAN: S. Rossi, Reiziger, P. Maldini, Boban, Vierchowod, Baresi II, Blomqvist (60′ Baggio I), Desailly (81′ Tassotti), Simone, Savicevic, Dugarry – All.: Sacchi

JUVENTUS: Peruzzi, Porrini (74′ Pessotto), Ferrara, Iuliano, Dimas, Di Livio, Tacchinardi, Zidane (75′ Lombardo), Jugovic, Vieri, Boksic (39′ Amoruso) – All.: Lippi

Arbitro
: Braschi

Reti: 19′ Jugovic, 32′ rig. Zidane, 51′ Jugovic, 71′ Vieri, 73′ Amoruso, 76′ Simone (M), 81′ Vieri

 

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

8 Risposte a “Never Can 6 Goodbye”

  1. Un armadio senza scheletro è uno spreco, son daccordo. Però dai, che Jugovic e Vieri fossero dei bolsi paracarri fuori da Torino sfiora abbondantemente la faziosità. Meno male che Nedved fece in tempo a vincere da protagonista una Coppa con la Lazio. E tuttavia ricordo di aver affrontato discussioni anche sulla sua ‘inspiegabile’ tenuta per merito di Agricola.

  2. ad onor del vero diciamo che vieri,il miglior vieri,era un attaccante che faceva paura davvero…certo che quella sera fu un incubo vero

  3. saper perdere è una dote ma il milanista rosicone medio non sa neanche cosa sia. giustamente umiliato a casa propria da 6 palline di una squadra semplicemente più forte, il milanista medio deve trovare un escamotage per rendere la pillola meno amara…

    1. Uno che va in giro per blog di altre squadre firmandosi rosikrosik. E pensare che la tua famiglia tanti anni fa, per almeno 4 minuti, ha sperato che la tua vita avesse un senso.

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