Moneta pesante

Gigi Maifredi evoca il fantasma di Muntari
(non pensate male).

Di vecchi memorabili Bologna-Milan son pieni gli annali. Limitandoci all’ultimo trentennio, potremmo ricordare una partita folle nel gennaio 1999 vinta 2-3 con gol di Bruno N’Gotty all’ultimo minuto, esordio in serie A da titolare per Abbiati e debutto assoluto della meteora 16enne Aliyu Mohammed, che fece in tempo a procurarsi il calcio di punizione della vittoria per poi finire nell’oblio (oggi Wikipedia lo segnala 30enne al KFC Dessel Sport, squadra di terza divisione belga). Viceversa, potremmo ulteriormente avvilirvi rimembrando quel catastrofico 3-0 del 1998, con Robibbaggio a prendersi beffe del malcapitato Dario Smoje, un lungagnone croato di nessun talento quel giorno schierato difensore centrale al fianco di Costacurta. Abbiamo invece scelto – in omaggio a questi tempi confusi di giudici di porta, processi mediatici e moviole in gambo – di raccontarvi uno dei pomeriggi più caotici della pur turbolenta storia del nostro pallone.

L’8 aprile 1990, quartultima giornata di un campionato iper-compresso dall’incombenza degli attesissimi Mondiali delle Notti Magiche, il Milan-di-Sacchi – stanco, un filino imbolsito, stressato, affaticato dalla prospettiva di un triplete ante litteram, ma pur sempre il Milan-di-Sacchi – guida con un punto di vantaggio sul Napoli di Maradona, Careca, Bigon e Moggi (scegliete voi l’ordine d’importanza). L’inerzia sembra rossonera: a lungo primi in classifica, gli azzurri sono stati travolti 3-0 a febbraio a San Siro da un grandissimo Diavolo e sono incappati in una brutta serie di risultati lontano dal San Paolo, un punto nelle ultime quattro trasferte. Il calendario propone due partite insidiose: il Milan fa visita al Bologna-champagne di Gigi Maifredi, il Ciuccio sale su fino a Bergamo dove incontra un’Atalanta col dente leggermente avvelenato per aver beccato undici gol nelle ultime due partite contro Bari e Inter.

Senza farla troppo lunga, si tratta in entrambi i casi di due partitacce. Fiaccato dalla fatica supplementare della semifinale di coppa Campioni contro il Bayern, giocata quattro giorni prima su un San Siro indecoroso, il Milan si fa lungamente irretire da quello che secondo il cronista qui sotto è “il miglior Bologna della stagione” (ok, il cronista in questione è Amedeo Goria. Insomma, vedete un po’ voi), riuscito mix di vecchi arnesi come Cabrini, Bonini, Bruno Giordano e tipi gagliardi come Luppi, Ivano Bonetti e il mitico Villa in difesa. Sotto la pioggia, il centrocampo Donadoni-Massaro-Evani-Rijkaard (non malissimo) arranca e va definitivamente in crisi all’ingresso in campo di Lorenzo Marronaro, classico attaccante di provincia dal nome immaginifico che esaltava la fantasia del sottoscritto bambino insieme ad altri mammasantissima come Edi Bivi o Alviero Chiorri.
A Bergamo, frattanto, va in scena uno 0-0 altrettanto squallido. Milan e Napoli sono stanchi, forse bolliti. Ma all’improvviso l’incoscienza, Ricardo Rogerio de Brito detto Alemao si fa inconsapevole bersaglio di un malumore popolare che sfocerà due anni dopo in un 8% della Lega Nord alle elezioni politiche: “Daghel al terùn!”. C’è da dire che quanto segue è la più pura e sopraffina delle sceneggiate napulitane: il brasiliano tedesco si accascia e il prode massaggiatore Salvatore Carmando gli si para dinanzi con l’enfasi di Anna Magnani nel finale di Roma Città Aperta. “Buttati a terra!”, e quello esegue, crivellato da una 100 lire. Un team scelto di sordomuti, ingaggiato da un qualche quotidiano del tempo, giurerà (ehm) qualche giorno dopo di aver letto il labiale di Carmando: “Buttati, che ci dann’ ‘a sentenza!”.

A Bologna Marronaro detta legge e il Milan conta i secondi, ignaro di ciò che sta precisamente accadendo qualche chilometro più a nord. A pochi minuti dalla fine un pallone messo in mezzo da Bonetti viene toccato in scivolata da Galli, ma troppo debolmente; si scatena un mischione, Marronaro colpisce col piede la schiena di Elliot Ness (copyright di Pellegatti), il povero Pazzagli s’impapera (non una novità) e nel groviglio generale sembra che la palla oltrepassi la linea. GOL FANTASMA! Lanese e colleghi non vedono, e si prosegue. Due volte clamorosamente penalizzato da situazioni analoghe l’annata precedente in CoppaCampioni, il Milan la sfanga e troverà persino il tempo – col Presidente in persona – di protestare per il fallo in attacco di Marronaro.
A Bergamo, intanto, Alemao – dicono – ha perso conoscenza. Ne uscirà con un ridicolo microtrauma, praticamente una crosticina e nulla più, tanto da venire dimesso nel giro di ventiquattr’ore. Ma ‘a sentenza arriverà presto, prestissimo, mica come ora che ci vogliono tre mesi e poi se gli gira l’Andonioconde di turno può persino appellarsi al Tribunale dell’Aja. In meno di due settimane 0-2 a tavolino e aggancio in testa, 45 punti a 45 a tre giornate dalla fine. Va detto che all’epoca i verdetti a taulìn erano prassi (due anni prima ne era stato vittima proprio il Milan, per il famoso petardo su Tancredi in una partita contro la Roma; verranno notevolmente ridotti proprio dopo quest’episodio), ma questa è la morale della favola: al cospetto di Don Luciano e dei suoi accoliti, anche Berlusconi diventava un Anconetani qualunque. Due settimane dopo Rosario Lo Bello, degno figlio di cotanto padre, completerà l’opera con un arbitraggio criminogeno a Verona, che sancirà il secondo e ultimo scudetto napoletano. Come dite, siamo rancorosi, livorosi, stamo a rosicà? Leggete un po’ qua: “Il designatore Gussoni affidò Verona-Milan a Lo Bello, un arbitro a noi vicino, meridionalista convinto. Successe di tutto, espulsioni, milanisti arrabbiati che scaraventarono le magliette a terra: persero 2-1. Noi vincemmo serenamente a Bologna per 4-2 e mettemmo in tasca tre quarti di scudetto. Quanto ad Alemao, in effetti fu colpito, forse ingigantimmo l’episodio ma la partita comunque era già vinta a tavolino. Facemmo un po’ di scena. L’idea fu del massaggiatore Carmando. Alemao all’inizio non capì, lo portammo di corsa all’ospedale, gli feci visita e quando uscii dichiarai addolorato ai giornalisti: ‘Non mi ha riconosciuto’. Subito dopo scoppiai a ridere da solo, perché Alemao era bello e vigile nel suo lettino” (Corrado Ferlaino, Il Mattino, 10 settembre 2003).

BOLOGNA: Cusin, Luppi, Villa, Stringara, Iliev, Cabrini, Galvani, Bonini, Waas, Bonetti II, Giordano (77′ Marronaro) – All.: Maifredi
MILAN: Pazzagli, Tassotti, P. Maldini, Massaro, F. Galli, Baresi II, Donadoni (71′ Stroppa), Rijkaard, Van Basten, Evani, Simone (61′ Borgonovo) – All.: Sacchi
Arbitro: Lanese

 

 

 

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

4 Risposte a “Moneta pesante”

  1. “E’ stata Barbara Berlusconi in persona a convincere il padre a procedere con l’operazione”
    questo dejong arriva con i migliori auspici.

  2. Manca l’episodio che vide l’allora presidente farsi tirare in testa dal primo piano delle scale dall’allora PierSilvio una moneta da 500 lire in testa. La moneta fece un bozzo mostruoso e il bauscia sotto un mega cerottone assicurò ‘Sto benissimo’ Necco da Biscardi contrattaccò dicendo ‘Alemao è stato colpito non da una moneta ma da una parabola’

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.