“Mai con un Gobbo”

(il seguente frammento è tratto da “Dalla parte del diavolo”, di Ilaria Calamandrei) (il primo romanzo che mette il Milan, il sesso, i trent’anni, e l’Italia nello stesso girone infernale) (definizione della medesima Ilaria Calamandrei)

“Mai con un Gobbo” ripeto.

Distolgo un attimo lo sguardo per non fargli capire che sto ponderando. Sarà vero? Ho detto una stronzata? Mai con un Gobbo? Davvero? Mah. Scorro i ricordi. dallapartedeldiavolo-header1-845x449

Invece ho detto bene. Mai.
Non credo sia stata una scelta, quanto una conseguenza. Il fatto è che l’interista, non è una sorpresa. Me lo sento sempre. A volte lo anticipo: ‘Perché sei un interista di merda!’.
Lo Juventino, una volta saputo, non apro bocca, non commento.
Sono più che contenta di chiedere ad un interista “Perché, che ti è successo, che t’hanno fatto da piccolo?” e di sentire la risposta – la più originale, un bolognese che salvai sul cellulare come Bologna. Durante un Inter-Bologna o Bologna-Inter, disse al padre: se segna Zamorano, divento interista. E Zamorano segnò. O era Djorkaeff? O era prima Djorkaeff poi Zamorano? Magari no. La maglia 1+8 e Bologna. Boh? Comunque, Bologna mi fece ridere, la raccontò bene. Non successe nulla fra noi e il weekend dopo Bologna scrisse: ‘Ciao, vieni a Bologna?’. Non avevamo un cavolo in comune, non gli ho mai risposto. Ciao Bologna. Come si fa a essere Gobbi, non lo voglio sapere.

Così come ho imparato a non dire di fronte a un branco di morti di figa che una figa ha un difetto, così so, con i Gobbi, è meglio non lasciarsi andare. Mi ricordano il Sapientino Clementoni (clemclem). Roba seria, quasi scuola. Iniziavo a giocarci seduta all’indiana, composta. Digitavo prima la classica bisillabica, mela. E lui serafico, robotico, rispondeva: ‘Hai scritto mela. EMME E ELLE A. MELA. Bravo.’ Incoraggiata, andavo di cane. Cane. CI A ENNE E. CANE! Bravo!

Poi, il diavolo. La maestra. La maestra è una puttana. Puttana. Scrivevo puttana. E Sapientino: ‘ Non ho capito. Ripeti per favore’. Allora, più lenta, più attenta, compitando mentre scrivevo: puttana. Sapientino si rifiutava di dire puttana, anche scritto giusto. E si rifiutava di dire cacca, merda troia culo, perfino pigiando i tasti più forte, sino ai più soft, pipì e scemo. Imperturbabile ripeteva: ‘Non ho capito. Non ho capito. Non ho capito. Non ho capito. Non ho capito. Non ho capito.’ Allora lo afferravo per la maniglia e lo sbattevo una, due, tre volte, finché non vomitava le duracell e lo buttavo lontano. Così i Gobbi. Va tutto bene se parlo di Zidane e dei suoi movimenti da cavallo andaluso sulle note di un valzer di Strauss. Ridiamo insieme se rievoco Montero che sbocca in Champions. Presto o tardi la conversazione sarà censurata dal suo chip sicurezza.

Alcuni fanno eccezione, altri reagiscono meglio, altri mettono le mani avanti (un classico: sì ma non tanto. Come no, riparliamone a maggio), è buona norma non parlare di calcio con un Gobbo. Non con il cuore. In un mondo di tifosi all’unisono su certi argomenti, lui è una sincope, non ci sarà mai accordo. Quanto alla maniglia, penso: come si fa.

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