L’eroe dell’Est

Il mio capo è più cacciavite di un trapano – spero che renda l’idea: tolto il calcio sono una donna vera, la mia macchina è l’estensione della borsa, se devo montare un mobile Ikea i miei attrezzi sono gli occhioni da gatta e il per favore – mi ha fatto il colloquio con una cravatta del Milan, mi ha mostrato, con lucciconi agli occhi, le sue foto sul campo di Perugia per lo scudetto; nel suo ufficio cerchi fatture e trovi l’autografo di Zorro Boban.

ComunqueMilan nel civvì può aver in qualche modo influito nella mia assunzione, il capo non sa che ho più di un pezzo di carta, né quanti anni ho. 

A me, per carità, va benone.

Lui è una fucina di aneddoti speciali, quelli che non trovi sui giornali e non sono leggende metropolitane. Li tira fuori per dare un tono di sentimentalismo al caffè o alle sigarette che mi scrocca (credo che in famiglia abbia smesso) e mi racconta di quando è andato in trasferta a Vienna. Altre volte sono quiz per testare il mio cacciavitismo, come la storia che sopra al nostro ufficio abita la vedova di Efrem Milanese, il portierone del derby che vincevamo 3 a 1 e abbiam perso 6 a 5, ai tempi dell’Arena e Liedholm allenatore. ‘Lei lo sa chi è Efrem Milanesi signorina?’. Casca male Capo, io ho un Master in portieri rossoneri pippe. Mi ha proposto di intervistare la buona donna, che compare in un libro di Pinketts. Credo che i pali del Milan portino sfiga anche a pensarci, poi dovrei andare a purificarmi in cammino spirituale e non mi paga abbastanza per permettermelo. A volte racconta fatterelli per provarmi che gli idoli del pallone sono bisonti con zero fascino e carisma.

Penso a come sono cresciuta io, a botte di teatro, musica classica, una stanza-libreria che costringeva me e mia sorella a dividere la camera, viaggi e lingue straniere, mentre quelli li tiran su a calcio, ormoni e omosessualità repressa. Assurdo aspettare che sboccino ingentiliti quanto i fichetti che d’estate vanno a Caprera a far vela o con lo spleen degli studenti di Eton. I calciatori ‘devono dare l’esempio’, ma di cosa? Di culo cosmico, forse, di eroe classico nella modernità, magari; se si spera che siano modelli di etica, siamo a cavallo in sabbie mobili di diarrea.

Strano è, che i fichetti spesso siano dei cafonazzi senza pari e gli studenti di Eton degli sfigati, ma è meglio che non elabori sulla crisi del post moderno, vi porterei troppo in là nello spazio tempo, e perderei il punto: parlare di Sheva che oggi fa gli anni.

Il capo mi ha raccontato che Shevchenko da scapolo abitava in una casa stupenda e ci aveva a malapena messo dentro un letto, con sovraccoperta ruvida, e io ho sorriso: che tenero. Vi ricordate Sheva quando è arrivato? Io sì. Se non sbaglio, aveva un’orribile maglietta/felpa nera a maniche lunghe con gli stemmini Giorgio Armani in bianco, quelli dell’aquiletta, roba da mercato, e forse se l’era messa per Milano capitale della moda. Serissimo, o nervoso, o non realizzava bene cosa gli stava succedendo, era lì e basta, spaesato, ma con lo sguardo del leprotto concentrato che poi imparammo a conoscere. Nato nel ’76 aveva fatto in tempo a viversi un po’ di comunismo e un po’ d’isolamento dall’altra parte della cortina di ferro.

A casa ho il dvd Lo Zar d’Europa dove si può intuire il tipo. Preso per il culo da tutto lo spogliatoio come il tonto di turno, la gioia di giocare a calcio, la gioia di esserci. Importa se Dalla parte di Swann, dove si dice che sia pure stato, gli manca, nel sillabus? Ha castigato le Merde come nessun altro, ha segnato il rigore del ‘Riconquistiamola’. Ha chiesto e ottenuto di portare la coppa a Kiev, dal Colonnello Lobanovsky, e lì c’è anche un monumento ai calciatori del leggendario Start. Ho sempre pensato che fosse un gran bel gesto. Ci ha mollato con il terrore di doverlo ammirare con un’altra maglia addosso, pieni di rimpianto, invece è imploso, quindi non gliene vuole più nessuno. Egoisticamente pensiamo ‘come con noi, con nessun altro’. Il suo ritorno ha fatto pena. Il pampers da mezza età calcistica e qualcosa di rotto, era evidente. Fa bene a chiedersi Ancelotti: ‘Che gli fanno agli attaccanti in Inghilterra?’. Lui, cosa è successo, non l’ha detto.

Il mio personale momento con Andryv lo avevo allo stadio, guardandolo dall’alto, durante i calci piazzati.

Quando giocavo a palla prigioniera, da bambina, avevo una tecnica per non farmi eliminare: mi mettevo sulla linea di lato del campo, vicinissimo al tiratore, lontana dalla calca. Funzionava alla grande, perché mentre tutti sgomitavano per non farsi prendere e attiravano l’attenzione, io passavo inosservata. Un giorno la maestra se ne accorse e s’incavolò a morte tacciandomi di antisportività sgamando così il mio trucco a tutti. Ditemi cosa c’è di antisportivo nella tattica. Lei non seguiva il calcio, ma simpatizzava, e indovinate un po’ per chi.

L’ Eroe dell’Est, fortissimo di testa, nelle mischie tendeva a tenersi fuori. La difesa avversaria stava all’erta, con l’ordine di pressarlo come degli arrapati fatti di md (al cocco) sul travestito che pare la gnocca impossibile, e lui per trarsi d’impaccio, camminava cauto con i piedi a papera, le mani sui fianchi, tipo: ‘passavo di qui, ma non c’entro nulla, anzi, quasi vado a castagne’ poi quando partiva l’azione, PEM!, schizzava, si catapultava in area, si fiondava sulla palla.

Bello mio, se mi hai fatto ridere e sorridere. Godere, poi, che lo dico a fare.

Auguri, Sheva.

9 Risposte a “L’eroe dell’Est”

  1. Serbo un ricordo di Sheva relativo alla finale di supercoppa italiana contro la Lazio, dopo la partita (e la sua tripletta) andammo a cenare in un ristorante vicino all’arena, ad un tavolo Andry e Paolo Maldini insieme ad altri commensali, finito di mangiare Sheva va dal titolare del ristorante e gli dice che offre per tutti, dopo quella partita probabilmente la cena avremmo dovuto offrirgliela noi tifosi, ma resta un ricordo bellissimo.

  2. @Ale non è la prima volta che sento la storia della cena, me la raccontò uno di Brigate anni fa, non mi ricordo se era presente o gli era giunta voce. Anche il suo vedere una partita in curva fu un bel gesto.

  3. Beh un po’ meno bello il gesto poi fatto in conferenza stampa quando ha annunciato l’addio….che poi mi piacerebbe sapere se suo figlio l’ha poi imparato l’inglese…

  4. Della cena ti può confermare anche il Mali che per più di 10 anni è stato possessore dell’abbonamento al primo seggiolino del 2º blu e che era con me quella sera (e con la mia ex che potrebbe solo parlarti male di me), del figlio di Sheva invece non abbiamo notizie.

  5. Che poi a ben vedere se sua moglie è americana (nonché ex del piersilvio) ma non poteva insegnarglielo lei l’inglese?

    Magari ci risparmiavamo i vari Oliveira e Gourcuff…..

  6. Ricordo tutto, ricordo tutte le cose belle che non sto qua ad elencare.
    Ricordo le cose brutte come quando Bilica (un difensore) gli parò un rigore, la parata di Dudek e poco altro.
    La più grande colpa però è stata farmi credere che la straordinarietà fosse normalità.
    Era normale avere un attaccante che in ogni partita importante che disputavi era nel tabellino dei marcatori (a meno che l’arbitro annullasse ingiustamente come in semifinale col Barça), era normale il terrore nei difensori, era normale un giocatore che possedeva allo stesso tempo l’egoismo dell’attaccante e uno spirito molto associativo capace di elevare le prestazioni dei compagni ed era normale che potesse giocare prima punta, seconda punta o ala indifferentemente.
    Quanto mi manca quella normalità, era tutto così semplice con lui davanti, lo guardavi e pensavi “ovvio, ha fatto la giocata più semplice e giusta” non voleva saltarne tre per forza ogni volta (anche se avrebbe potuto) e non si intestardiva.
    Quanto mi manca quella semplicità.

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