Le estati del Mundialito

cruyff

E’ in circolazione da qualche anno un libricino – più necessario che gradevole – intitolato Quando il Milan era un Piccolo Diavolo, a firma Sergio Taccone. Approfondisce il breve ma tetro periodo post-stella dei primi anni ’80, quelli delle due retrocessioni in serie B e delle estati in cui la cacciavitanza era ridotta ad andare ad accogliere festante all’aeroporto lo “Squalo” Jordan e il “Bombardiere Nero” Luther Blissett. Un Piccolo Diavolo, per l’appunto, che ha però forgiato una generazione di milanisti con le radici ben salde a terra e paradossalmente più fortunata di altre, venendo catapultata in pochi lustri dalla Cavese (partita di cui ogni presente fa giusto vanto) all’impareggiabile e impareggiato esodo di Barcellona ’89.

La dimensione internazionale di quel Piccolo Diavolo, dunque, furono le calde serate di giugno del Mundialito, un torneo a inviti (e ovviamente non ufficiale) organizzato per tre edizioni dal 1981 al 1987 in quel di San Siro, cui partecipavano squadre gloriose in quanto vincitrici almeno una volta della Coppa Intercontinentale. Certo, c’era la Mitropa Cup, che viene ancora oggi legittimamente derisa da coloro che del resto hanno poco altro cui aggrapparsi. Ma insomma, per l’affamato popolo rossonero un torneo amichevole in estate con squadre come Santos, Penarol, Feyenoord e Flamengo aveva ben più fascino di una gara ufficiale col Viktovice a febbraio.

C’è chi dice che fu ideato per recuperare l’incasso dei due (poi quattro) derby andati in fumo a causa delle nostre colpevoli retrocessioni, in un’epoca in cui il botteghino aveva ancora la sua bella importanza; in realtà, o comunque parallelamente, fu il grimaldello con cui Silvio Berlusconi e le tv private entrarono nel mondo del calcio, giacché fu il primo torneo calcistico non trasmesso dalla Rai bensì dal Biscione, protagonista anche dell’organizzazione vera e propria. Le edizioni, come detto, furono tre: 1981, 1983 e 1987. Saltò quella del 1985 per la vicinanza coi fatti dell’Heysel. E tutte e tre le edizioni richiamarono al Meazza, ancora scoperto e a due anelli, un gran pubblico in grandissima parte di fede rossonera, sempre per la fame di cui sopra.

L’edizione del 1981, vinta dall’Inter in cui brillò particolarmente l’estro di Evaristo Beccalossi (così dissero i brasiliani), fu storica principalmente per due motivi: l’apparizione in rossonero di un bollitissimo Johan Cruijff (erano possibili prestiti da altre squadre) e gli scontri cruenti fuori e dentro lo stadio fra milanisti e interisti, culminati nell’invasione delle rispettive curve. Non ci compete entrare più di tanto nelle dinamiche ultras di allora né tanto meno fare dell’apologia di alcunché, ma la cronaca è cronaca, e chi era presente ricorda molto più chiaramente cariche e controcariche lungo tutto il secondo anello rispetto alle scialbe partite disputate con la formula del gironcino all’italiana. Successe che nella penultima giornata, con l’Inter impegnata alle 19.00 (4-1 al Santos) ed il Milan alle 21.00 (1-0 al Penarol) si verificarono duri scontri nel piazzale antistante lo stadio, con un noto “top boy” rossonero rimasto a terra e successivamente ricoverato in ospedale presumibilmente per una biglia lanciata con una fionda. Nella giornata successiva, l’ultima, era in programma il derby (3-1 per l’Inter), e quando dalla nord interista fu esposto uno striscione di derisione sull’accaduto successe il finimondo; partì una carica di un centinaio di milanisti che giunsero fin quasi alla Nord per poi fermarsi in attesa di “materiale”. Gli interisti interpretarono lo stop come un’imperdonabile indecisione e controcaricarono fino ad entrare parzialmente nella Sud, respinti all’ultimo. Ripartirono quindi gli incendiati milanisti, sfondando questa volta con decisione fino ad arrivare al centro della curva nemica e strappare lo striscione incriminato. Un’autentica coppa del Mondo di inseguimenti e mazzate, altro che Mundialito.

Per quanto riguarda Cruijff, disputò solo un penoso primo tempo nella gara inaugurale pareggiata 0-0 col Feyenoord, per essere poi sostituito da Francesco Romano in un imbarazzante silenzio generale. Il “Pelè bianco” aveva ancora il suo bel tocco, per carità, ma era ben al di là del crepuscolo.

Classifica finale: Inter 7, Santos 5, Milan 3, Feyenoord 3, Penarol 2.

Una foto, pubblicata dal Guerin Sportivo, delle violenze del derby 1981.
Una foto, pubblicata dal Guerin Sportivo, delle violenze del derby 1981.

Nell’edizione 1983 fu fatta un’eccezione con la partecipazione della Juventus, invitata pur non avendo ancora vinto la coppa Intercontinentale (lo farà nel 1986 contro l’Argentinos Juniors di Claudio Borghi. Grazie ancora, Arrigo). E fu proprio la Juve ad aggiudicarsi il torneo cui partecipavano, oltre a Milan e Inter, le sudamericane Penarol e Flamengo. Questa volta però fu un bel torneo e soprattutto un bel Milan, che dopo la sconfitta 0-1 col Penarol riuscì ad imporre il pareggio a Juventus (2-2) e Flamengo (1-1) ed a vincere poi per 2-1 il derby finale con l’Inter. Nei ricordi dei presenti, forse più ancora del derby, rimase l’1-1 col Flamengo di Junior, in cui i ragazzi di Castagner fecero letteralmente a fette i blasonati rossoneri brasiliani (noi si giocò in completo bianco). Certo non si pretende che il Flamengo versione globetrotters, e per di più reduce da volo transoceanico, potesse vantare le motivazioni e la freschezza del Diavolo neopromosso, ma fu veramente una grande partita. Indimenticabile una delle tipiche percussioni di Giancarlo Pasinato, uno dei tre prestiti nerazzurri arrivati in cambio dell’Innominabile, che a metà secondo tempo ne saltò quattro di loro per poi concludere sul palo sotto la Sud. Pareva Zanetti, era solo Pasinato. Ma entrò nel cuore dei milanisti e ci rimase. Altro dato storico: dopo i casini dell’81 c’erano parecchi timori sul piano dell’ordine pubblico, e alla vigilia le due curve erano pronte al redde rationem. Peraltro il “riflusso” era appena iniziato, e sulle due sponde c’era ancora parecchia politica ad aumentare il carico. Tuttavia si decise di scendere a compromessi per evitare il peggio, ed in quel Mundialito nacque il famoso patto di non belligeranza. Che ci mise un po’ prima di entrare completamente a regime (si registrò ancora qualche tafferuglio non da poco alla cancellata prima del derby 1985/86, quello della doppietta di Paolo Rossi), ma che si è poi consolidato e dura ancora oggi.

Classifica finale: Juventus 6, Flamengo 5, Penarol 5, Milan 4, Inter 0.

Nel 1987 vince finalmente il Milan, quello di Fabio Capello strappato alla Primavera e subentrato a Liedholm, che poche settimane prima aveva riacciuffato l’Europa col colpo di coda dello spareggio Uefa vinto a Torino con la Sampdoria. Un Milan che peraltro, al secondo anno di era berlusconiana, iniziava a mettere a fuoco ben altri obiettivi. Questa volta, stanti noi e l’Inter, le altre partecipanti erano tutte europee: Barcellona, Porto e Psg. Si vinse subito 2-0 col Porto al debutto e poi 1-0 coi francesi, mentre il derby fu un trascurabile 0-0. L’1-0 al Barça, in cui militava un Mark Hughes autore di un bellissimo quanto inutile gol in rovesciata all’Inter (i cugini vinsero 3-1 in rimonta), fu il suggello finale. Finale in tutti i sensi, perché il Mundialito perse ogni ragion d’essere: le tv private avevano ormai scardinato il monopolio di Stato sul calcio, ed il Milan poteva cominciare a camminare per il Continente con le proprie gambe. Però che belle serate, diamine. Forse perché eravamo tutti più giovani. O forse perché la Confederations Cup è una merda.

Classifica finale: Milan 7, Porto 5, Inter 4, Barcellona 3, Psg 1.

Una risposta a “Le estati del Mundialito”

  1. “O forse perché la Confederations Cup è una merda.”
    Da spedire e rispedire a Joseph Blatter e ai parrucconi della FIFA.

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