La grande illusione

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Il 2007 si portò via una Champions League, un Pallone d’Oro e un Mondiale per Club, vinto sotto Natale a Yokohama in una serata di grazia collettiva in cui Kakà sembrò più che mai Gesù Bambino, scaldato del fiato dal Bue Ancelotti e dell’Asinello Dida. Seguì – abbastanza prevedibilmente – il 2008. Come in certi spettacoli parigini di fine Ottocento in cui agli spettatori si promettevano luminarie e astrusi marchingegni che producevano più che altro un sacco di fumo, l’attrazione della prima serata del nuovo anno fu una sigla dall’infinito potenziale evocativo: KaPaRò. Kakà, Pato, Ronaldo.

Mezzo secolo prima era stato lo svedese GreNoLi, baciato anche dalla musicalità del suo nome d’arte. I tre olandesi non misero mai insieme un VaGuRì, forse nel timore di essere scambiati per una pomata da applicare sulle parti intime. Il trio brasiliano fu ribattezzato KaPaRò dalla Gazzetta in un impeto di milanismo, per ridare interesse a un campionato tiranneggiato dall’Inter post-Calciopoli di Mancini e Ibrahimovic, in cui il Milan languiva a venticinque punti di distacco, senz’ancora aver mai vinto una partita in casa. A San Siro arrivava il Napoli e c’erano tutte le premesse per l’inizio di una nuova era, a cominciare dal giorno del calendario, così vicino a quel 3 gennaio 1988 che aveva visto sbocciare il Milan di Sacchi come un bucaneve proprio contro il Napoli.

Lo spettacolo fu subito accecante: chi avesse voluto seguirla alla radio avrebbe scambiato la cronaca della partita per una di quelle Fiabe Sonore che andavano di moda tra i bambini di tanti anni fa (“A mille ce n’è…“), piene di “Oooohhh” e “Uuuuhhh” del pubblico a sottolineare le prodezze dei tre funamboli. Il povero Napule, gravato da una pachidermica linea difensiva Cupi-Cannavaro-Domizzi con Garics e Savini di rinforzo (si fa per dire) sulle fasce, fu preso a pallate. Ronaldo, ciccionissimo, mostrò una levità insospettabile per uno che – ma ancora non lo sapeva – era alla quintultima partita della carriera italiana. Andò a bersaglio dopo 15 minuti, in un caso di gol-fantasma mai del tutto chiarito. Il pareggio del Pampa Sosa durò appena tre minuti, il tempo necessario al luna park per riattivarsi, con Seedorf che illuminava le luci del varietà dopo che Pato e Ronaldo avevano impallinato per due volte l’eroico Iezzo.

Se vanno avanti così, pago il biglietto anch’io“, disse Caressa in telecronaca. Solo il Pastore Errante dell’Asia Kaladze, forse presago di imminenti sventure, cercò di farci tornare sulla terra, abbattendo stolidamente Lavezzi in piena area. Rigore e 2-2 del Muro del Pianto Domizzi, sulla cui moglie – non c’entra niente, ma un po’ di gossip assicura sempre un sacco di clic – in quell’epoca giravano voci di menage à trois con lo stesso Iezzo.

Nel secondo tempo, dopo l’ultimo – sigh! – gol in Europa di Ronaldo e la solita saetta a pelo d’erba di Kakà, fu il momento di Pato. Con una settimana di ritardo rispetto all’originale, l’Epifania del Papero avvenne a un quarto d’ora dalla fine: lancio di cinquanta metri, prodigioso stop a seguire per buggerare Domizzi e palla infilata rasoterra con grande freddezza sull’uscita disperata di Iezzo. E poi il primo di tanti cuori rivolti alla bella Stephanie, la donna che – con stupidità da tipico calciatore brasiliano – Pato avrebbe sposato nel luglio 2009 e da cui avrebbe divorziato nove mesi dopo, ritrovandosi sul groppone un fracco di alimenti già a vent’anni. Quante illusioni…

Il KaPaRò tornò a esibirsi solo un’altra volta, la settimana successiva nella gelida Udine. Fu una partitaccia bloccata sullo 0-0 fino al 92′, quando a deciderla non fu il sambodromo bensì l’umile Gilardino, che invano in quei mesi cercava di vantare improbabili antenati del Pernambuco facendosi chiamare Gilardinho. Un infortunio di qua, un infortunio di là e soprattutto – un mese dopo – lo sbriciolamento del ginocchio di Ronaldo posero fine a questo bizzarro sogno di una notte di mezzo inverno. Quel Milan fu l’unico degli ultimi 12 anni a piazzarsi fuori dalla zona Champions: pensate voi quanto la realtà può essere diversa dai titoli di giornale.

Reti: 15′ Ronaldo, 28′ Sosa (N), 31′ Seedorf, 38′ rig. Domizzi (N), 46′ Ronaldo, 68′ Kakà, 74′ Pato

MILAN: Dida, Bonera, Nesta, Kaladze, P. Maldini (46′ Favalli), Seedorf, Pirlo (80′ Gourcuff), Ambrosini, Kakà, Pato, Ronaldo (69′ Emerson) – All.: Ancelotti

NAPOLI: Iezzo, Cupi, Cannavaro, Domizzi, Garics, Hamsik (78′ Dalla Bona), Gargano, Bogliacino (60′ Montervino), Savini (71′ Capparella), Lavezzi, Sosa – All.: Reja

Arbitro: Rosetti

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

Una risposta a “La grande illusione”

  1. E io c’ero.. Ricordo la gioia a ogni pallone toccato dal Papero.. che, ricordiamolo, esordiva dopo sei mesi di allenamenti in naftalina perché diventato finalmente maggiorenne e mandava per le terre con un solo accenno di finta qualunque giocatore avversario provasse a fermarlo. Bei ricordi, grandi illusioni. Oggi è l’esatto contrario. Insigne in rampa di lancio e Zaccardo in difesa.

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