George re della giungla

BobanWeah

 

Quante volte l’abbiamo scritto! La primavera 1999 fu particolarmente dolce per noi milanisti. In quei mesi uno dei Milan più scalcagnati che si ricordino – quello degli Zaccheroni, Guglielminpietro, Gigi Sala e Bruno N’Gotty – riuscì a vincere un clamoroso scudetto di rimonta sulla fortissima Lazio di Vieri, Nedved, Salas e tanti altri ancora; con (nell’ordine) moltissima fortuna, molto coraggio e un bel po’ di spirito d’improvvisazione. Come andò quell’incredibile rush finale scandito da sette vittorie consecutive? Partì con un soffertissimo 2-1 in rimonta sul Parma, proseguì con due allegre scorribande nel Triveneto (1-5 a Udine, 0-2 a Vicenza) e passò per il mitologico 3-2 contro la Sampdoria, autogol di Castellini al 95′ (ne abbiamo scritto ad agosto qui). La Lazio aveva smarrito sei punti tra derby e Juve ma conservava ancora un punticino di vantaggio, e gli ultimi 270 minuti furono vissuti col cuore in gola e la radiolina all’orecchio.

Non è del tutto vero che quando vinciamo a Torino vinciamo lo scudetto, ma è quasi sempre vero che ogni scudetto passa obbligatoriamente da una vittoria a Torino: negli otto scudetti dell’era berlusconiana in sei casi ci siamo esibiti nel Sacco del Comunale (prima) e del Delle Alpi (poi), strappando comunque due ottimi pareggi nelle due rimanenti uscite. La leggenda vuole che quella volta il cambio di passo primaverile coincida con il diktat del Presidente: basta con il visionario e complicato 3-4-3 durato 28 giornate, spazio a Boban trequartista dietro Bierhoff e Weah (ma il mister ha sempre contrastato questa versione, e noi tra Berlusconi e Zaccheroni non abbiamo dubbi su chi sia più affidabile). Com’è come non è, il Milan si presenta in casa Juve con Leonardo in cabina di regia e Zorro in panchina; di fronte c’è una Juve piuttosto malridotta, senza Zidane e la “mela marcia” Davids, reduce da una sconfitta a Salerno (!) e mestamente in lotta per un misero piazzamento UEFA proprio nell’anno in cui raddoppiano le squadre qualificate alla Champions, passando da due a quattro (bei tempi). La guida da qualche mese Carletto Ancelotti, ancora parecchio acerbo, tanto da ostinarsi a considerare Thierry Henry un’ordinaria ala sinistra e non il formidabile stoccatore da 174 gol in 254 partite che diventerà all’Arsenal dall’anno successivo.

Pronti via e si stira Ciro Ferrara, non una cattiva notizia, anche perché lo sostituisce il lumacone croato Tudor. Con la mente fatalmente anche all’Olimpico, dove la Lazio è impegnata a scardinare il rognoso Bologna del romanista Mazzone, il Milan annaspa nei minuti iniziali, forse anche irretito dalla bruttezza della prima maglia della Juve 1998-99, con il pugno nell’occhio di quegli illeggibili numeri di maglia rossi su sfondo bianconero. La Juve gioca meglio ma paga una certa leggerezza del suo pacchetto avanzato, dove Del Piero è fermo ormai da novembre per il celebre infortunio ai legamenti, Inzaghi è convalescente e ben sorvegliato da Costacurta (sempre grandi partite a Torino), mentre Amoruso sparge fumo come da par suo. Succede insomma poco e niente, con un Milan balbettante che si aggrappa come al solito a sant’Abbiati, decisivo in tutte e sette le partite di quella magnifica striscia. Il giovane Christian respinge di piede un tiro velenoso di Superpippo che è l’unica palla-gol apprezzabile in 45 minuti: il primo tempo è tutto qui. A Roma, Lazio-Bologna 0-0.

Si cambia: dentro Boban per Leonardo. Il secondo tempo è iniziato da talmente pochi secondi che le telecamere non hanno ancora zoomato sul campo, ripreso perciò da distanza settimo anello tipo visione panoramica di Fifa 99. Un lancio lungo abbastanza casuale, uno svarione omerico di quella pippaccia di Pablo Montero – e sì, amici juventini, accettate l’evidenza: Pablo Montero era una pippaccia – che fallisce il retropassaggio di testa e serve Weah, che sempre di testa si avventa su Peruzzi in libera uscita e lo scavalca beffardamente. Ed è gol! Immeritatamente in vantaggio, per dieci minuti il Milan si crogiola addirittura nel sogno del primo posto, finché all’Olimpico una saetta di Almeyda porta in vantaggio la Lazio. La Juve, cotta dal sole torinese più di quanto non lo siamo noi, si sfalda nel tentativo di pareggiare e concede praterie ai contropiedi di Weah, tutti orrendamente sconciati da un Bierhoff di luna stortissima, che solo davanti a Peruzzi sparacchia a lato. Inzaghi reclama un rigore e rimedia un giallo per simulazione (per quest’anno non è aria), poi ecco la scena clou. Ancora un contropiede e Boban imbecca deliziosamente Weah, tenuto in gioco da Pessotto: Giorgione fredda Peruzzi e insieme se ne vanno mano nella mano, felici come i due fidanzatini di Peynet, sotto il settore ospiti festante. E’ l’ultimo giorno di gloria di Weah, già da un po’ in rotta di collisione con Zaccheroni: nel gennaio successivo farà fagotto e giocherà gli ultimi scampoli di carriera nel Chelsea, ormai leone al tramonto (a proposito, chissà quanti anni aveva veramente Giorgione – recentemente Galliani ha seminato parecchi dubbi sulla questione).

Ultime schegge: due altre belle parate di Abbiati su Di Livio e il giovin Perrotta, un’altra sconceria di Oliviero Bierhoff in giornata da 4 in pagella e qualche inqualificabile calembour di José Altafini su Telepiù (“Sai cosa dice il portiere del Milan ai suoi difensori? Abbiati fiducia in me“). La Lazio ha raddoppiato e mantiene un punto di vantaggio a due turni dalla fine, ma il calendario ci sorride: sabato prossimo ospiteremo l’Empoli già retrocesso mentre la Lazio dovrà salire a Firenze contro i viola terzi in classifica. In fondo non chiediamo tanto: dopo un anno del genere ci accontentiamo di essere in testa anche per una giornata sola. Purché sia l’ultima.

JUVENTUS: Peruzzi, Pessotto, Ferrara (3′ Tudor), Montero, Di Livio, Conte I, Deschamps, Tacchinardi, Henry (71′ Perrotta), Inzaghi, Amoruso I (66′ Fonseca) – All.: Ancelotti
MILAN: Abbiati, L. Sala, Costacurta, P. Maldini, Helveg, Ambrosini, Albertini (92′ N’Gotty), Guglielminpietro, Leonardo (46′ Boban), Bierhoff, Weah – All.: Zaccheroni

Reti: 46′ e 64′ Weah

Arbitro: Cesari

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

Una risposta a “George re della giungla”

  1. Io non fare gufo……Mitico Giorgione Weah!!!! Che scudetto folle, avro’ perso vent’anni di vita in quel campionato!!!

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