E’ un bel giorno per morire

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La mattina del 16 maggio 1982 milioni di milanisti in tutta Italia si svegliano con lo stato d’animo dei Cheyenne accampati lungo il fiume Sand Creek, quella volta che erano andati a trattare la pace con i coloni del Colorado: un po’ angustiati, un po’ timorosi, ma irragionevolmente ottimisti. Fuori c’è il sole, la primavera non la fermi più e la classifica dice Cagliari e Genoa 24, Bologna 23, Milan 22. Ne devono retrocedere due: il Como è già andato da tempo, ma contro di noi ha ottenuto una delle sue 3 vittorie e a San Siro ci ha imposto un pareggio). In caso di arrivo a pari punti valgono gli scontri diretti e la classifica avulsa. Le vittorie, ricordiamo, valgono 2 punti. Il Milan gioca in casa del Cesena già salvo e appagato, il Bologna gioca in casa dell’Ascoli anche lui salvo e appagato, che però sei anni prima era retrocesso proprio per mano del Bologna; il Genoa fa visita al Napoli che ha ancora qualche speranziella di zona Uefa e il Cagliari riceve la Fiorentina prima in classifica a pari merito con la Juve. Gli scontri diretti con Genoa, Bologna e Cagliari sono tutti e tre favorevoli al Milan: in caso di fagiolata di massa, ci salviamo sempre e comunque noi.

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Si parte per Cesena riavvolgendo con la mente il nastro di un’annata balorda, iniziata con un raduno programmato non a caso venerdì 17 luglio, quattro giorni prima che esca Fabrizio De Andrè, l’album con un indiano disegnato in copertina. Anche il Milan rischia di essere una specie in via d’estinzione: ha il peggior attacco del campionato, 18 gol fatti in 29 partite, con stoccatori del calibro di Beppe Incocciati e Roberto Mandressi, il Rensenbrink della Brianza secondo la sempiterna definizione di Liedholm che quel giorno doveva avere esagerato col Grignolino. E ancora, la malattia di Baresi, quattro mesi fuori in autunno per un’infezione al sangue che gli aveva impedito anche di camminare; l’esonero di Radice, con il vice-presidente Rivera che commenta “Non potendo esonerare tutta la squadra, mandiamo via l’allenatore“; il cambio di presidenza, con Giussy Farina che subentra a Felice Colombo; le pietre sul “capitano” Collovati nella pagina ignominiosa di Como, le due giornate di squalifica di San Siro e l’esilio a Verona. La vittoria in Mitropa Cup, quattro giorni prima di Cesena, contro squadracce cecoslovacche, ungheresi e jugoslave. La maglia Pooh Jeans, che oggi non esiste più ma allora – leggiamo da Wikipedia – era marchio “all’avanguardia, con campagne pubblicitarie di forte impatto come la molto nota immagine del ragazzo e della ragazza appoggiati di schiena e completamente nudi, coperti solo dalla foglia di fico, logo del marchio stesso“.

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Tutto può essere cancellato, e può diventare materia di perenni racconti da sala biliardo, se tutto andrà bene. Nel buio della sala, si bisbiglia che il Cesena avrà un approccio assai morbido alla partita, perché sottobanco le due società si sono accordate per scambiare Adelio Moro e Buriani con Vinicio Verza. Si spera che a Napoli e Cagliari tutto vada come deve andare, perché Antognoni e Ruud Krol solitamente battono Osellame, Quagliozzi e Manfrin. Si teme il Bologna, mai retrocesso nella sua storia, con questo fenomenale ragazzino di 17 anni in attacco, Roberto Mancini, marchigiano e quindi magari ad Ascoli ci ha pure qualche amico… Poi, alle quattro, si parte.

E si parte male, perché il Genoa va subito in vantaggio a Napoli, con un classico golletto da primavera italiana: calcio d’angolo di Iachini, difensori tutti fermi, Briaschi segna di testa saltando indisturbato. Il pubblico del San Paolo – sempre squisito – urla “venduti, venduti” ai propri giocatori e, mosso dal sentimento anti-milanese, incoraggia quelli del Genoa. Le cose non vanno meglio ad Ascoli, dove una punizione a tre all’ora di Mozzini buca la barriera locale e si infila alle spalle di Brini: Bologna in vantaggio. Gli unici che non vogliono calare le braghe son proprio quelli del Cesena, soprattutto nella persona di Angelo Recchi, portiere di periferia che si cala nel ruolo di Manitù. Recchi para tutto, da Maldera a Jordan passando perfino per Alberto Minoia, così che al 42′ è perfettamente normale che il Cesena ci purghi al primo attacco: Schachner scappa a sinistra e centra per Garlini che mette dentro, nonostante Maldera cerchi disperatamente di deviare con la mano.

Arriva perciò l’intervallo, con la classifica che reca con sé la trascinante allegria del Requiem di Mozart: Genoa 26, Bologna e Cagliari 25, Milan 22. Con le coronarie già sfibrate da un anno di coccoloni in sequenza, i tifosi del Milan stipati nella curva Ovest si lasciano andare: bottigliette, cianfrusaglie varie e la chicca di un cubetto di porfido che centrerà in testa il cesenate Pagano a metà ripresa. Come se la cosa potesse consolarci, la sensazione di tranquillo weekend di paura si respira anche sugli altri campi. A Cagliari, la Fiorentina sta cadendo vittima dei propri nervi e non è ancora riuscita a creare pericoli. Ad Ascoli il Bologna è in vantaggio, ma Fiorini si è divorato lo 0-2 e anche lì i nervi sembrano prossimi al cedimento strutturale. Giusto a Napoli stanno tutti una pasqua, con il Genoa in controllo quasi totale. Perciò, non prendiamoci in giro: è da ottobre che il Milan non occupa una posizione migliore della terzultima, e i miracoli uno se li deve anche meritare. Abbiamo 45 minuti per salutare degnamente la categoria, avvisare amici e parenti, dare l’arrivederci alle fidanzate e chiudere il gas. Ma poi, senza preavviso alcuno, le cose iniziano a prendere una piega del tutto fuori controllo.

ORE 17:16 – Arriva a sorpresa la notizia del pareggio del Napoli, a opera di Criscimanni, smarcato da una genialata di tacco di Massimino Palanca. Lui ci ha messo il sinistro, imparabile per Martina. Genoa, Bologna e Cagliari 25, Milan 22.

ORE 17:18 – Tutto proteso in avanti a sbattere contro lo stramaledetto Recchi, il Milan incassa lo 0-2 da un contropiede quasi scolastico del Cesena: triangolo Piraccini-Garlini-Piraccini e buonanotte al secchio. Nuovi mugugni e contumelie dal settore milanista della Fiorita, con decine di persone che tentano l’invasione.

ORE 17:22 – Ma attenzione attenzione che Joe Jordan riapre la faccenda, e di piede addirittura: “sinistro sotto misura sugli sviluppi di un calcio d’angolo”, come si diceva un tempo alla RAI, e 2-1. E poi Napoli, Napoli! Altro contropiedone – specialità della casa partenopea – e sorpasso firmato da Musella, con il Genoa incredibilmente squagliatosi sul più bello e ora virtualmente in B. L’elettrocardiogramma non è ancora piatto. Bologna e Cagliari 25, Genoa 24, Milan 22.

ORE 17:25 – E’ il pomeriggio dei contropiedi incassati in modo gonzo: ad Ascoli il Bologna si fa trovare clamorosamente sguarnito e Torrisi fa 1-1. Cagliari 25, Bologna e Genoa 24, Milan 22.

ORE 17:27 – Dirà Icardi alla Domenica Sportiva: “Il tifo rossonero, sopito, torna a commuovere e si trasforma in ovazione“. Merito di una sassata di Ciccio Romano che riporta il Milan in parità, 2-2, quando mancano 18 minuti su tutti i campi (meno che a Napoli, dove hanno quel vizio di iniziare sempre 5-6 minuti dopo, stavolta causa fumogeni). Cagliari 25, Bologna e Genoa 24, Milan 23.

ORE 17:36 – “E’ un bel giorno per morire“, dice Cotenna di Bisonte a suo nipote bambino nel film Piccolo grande uomo, raccontandogli le ultime parole del capo Piccolo Uomo, decapitato dalla tribù dei Pawnee. Quel bambino cresce e da grande diventa Dustin Hoffman – o forse la sua controfigura Roberto Antonelli, che al minuto 81 parte da solo all’assalto della paciosa diligenza romagnola, trascinandosi dietro tutte le ombre rossonere. Ne scarta quattro o cinque e conclude con una fiondata sotto la traversa. Stante lo 0-0 di Cagliari-Fiorentina, è una situazione che vale l’incredibile, indicibile, impossibile salvezza. Cagliari 25, Milan, Bologna e Genoa 24.

ORE 17:45 – Tutti incollati alla radio, “sognando talmente forte che ci esce il sangue dal naso“. A tempo scaduto segna ancora l’Ascoli con Greco, e il Bologna – tutto sbilanciato alla ricerca della vittoria – è spacciato. Anche il Genoa è ai saluti: fiaccato dal caldo e messo alla frusta dall’ottimo gioco difensivo del Napoli, il Grifone non ne ha più. Ogni tentativo di attacco si conclude sempre con un cross sballato o un lancio troppo lungo, puntualmente nelle mani del portiere Castellini, il Giaguaro. A Cesena la partita è finita e tifosi, giocatori e presidente fanno festa, ma a Napoli sono indietro di qualche giro di orologio. Simoni ha messo dentro per disperazione Mario Faccenda, 21 anni, nato a Ischia.

Ennesimo lancio lungo, Castellini blocca in presa. Al momento di rilanciare con le mani, impazzisce e butta la palla alle proprie spalle, regalando al Genoa un calcio d’angolo. Scritta così, non rende l’idea neanche per metà: vi invitiamo ad aprire il link qui sotto al minuto 2:05 per ammirare una prodezza che le parole riescono ad afferrare solo in parte. Oggi siamo quasi assuefatti alla cantilena che il Milan ruba e Abberluscone ci piace comprare gli arbitri e pure le altre squadre, ma diteci se questa è o non è una delle maggiori porcherie della storia del calcio italiano. Dal corner seguente, naturalmente, proprio Faccenda insacca in beata solitudine sul secondo palo, nel tripudio del San Paolo che si congratula con il cuore e la combattività del Grifone.

E fu così che dunque finimmo per la seconda volta in serie B, “la prima gratis” per citare Peppino Prisco. Fu così che Gigi Simoni maturò negli anni un debito di riconoscenza con Luciano Castellini, con i due che si ritrovarono all’Inter a fine anni ’90. Fu così che le tifoserie di Napoli e Genoa divennero grandi amiche, in un gemellaggio che dura tuttora, in nome del quale per esempio sono anche tornate a braccetto in serie A nel 2007, stavolta mettendolo in quel posto al povero Piacenza. Il massacro sul fiume Sand Creek si era regolarmente compiuto anche stavolta. Ma dovevamo ricordarcelo, che De André era genoano.

Fu così, però, che da quelle macerie nacque un Milan migliore. Con dei giovani che un giorno avrebbero vinto più di quello che immaginavano. Con un popolo determinato a innamorarsi di loro, riempiendo San Siro anche nella famosa e tanto derisa sconfitta interna contro la Cavese. Qualcuno più ottimista di De André avrebbe detto: “Nasce il sentimento, nasce in mezzo al pianto”.

Reti: 42′ Garlini (C), 63′ Piraccini (C), 67′ Jordan, 72′ Romano, 81′ Antonelli

CESENA: Recchi, Oddi, Ceccarelli, Piraccini, Mei (47′ Storgato), Perego (82′ Roccotelli), Filippi, Genzano, Schachner, Verza, Garlini – All.: Lucchi

MILAN: Piotti, Tassotti, Maldera III, Battistini, Al. Minoia, Baresi II, Romano (87′ Venturi), Novellino I, Jordan, Evani (75′ A. Moro), Antonelli – All.: Galbiati

Arbitro: Bergamo

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

5 Risposte a “E’ un bel giorno per morire”

  1. Grazie, quel pomeriggio sarà sempre nella mia mente. Il genoa sprofondato a spareggiare la c col modena e quei merdoni di napoletani falliti ci hanno poi ripagato, ma solo in parte. Forza vecchio cuore rossonero

  2. Io non seguo molto il calcio e sono un sostenitore, per ovvie ragioni campanilistiche, del Napoli, ma adoro questo modo di raccontare il pallone di una volta.

    Com’erano belli i campionati a 16 squadre, 3 retrocessioni e 2 punti per la vittoria: equilibrati e combattuti fino alla fine!

  3. io ero a letto con la varicella, non ancora 13enne, con la radiolina incollata all’orecchio.
    ricordo quel maledetto pomeriggio di canicola quando piansi disperato come solo un ragazzino puo’ esserlo, stordito dal caldo, dalla malattia e dalla disperata tristezza del milan retrocesso.
    sono romano, ma milanista per eredita’ paterna.
    a scuola poi l’incubo della stagione seguente in serie B, con i compagni di classe romanisti che cavalcavano trionfalmente verso lo storico scudetto di falcao & co.
    tornando alla condizione di accerchiamento dei cheyenne, all’oratorio mi ritrovavo puntualmente ad essere l’unico franco baresi circondato da mille falcai, l’unico 6 rossonero in mezzo ad un mare di 5 giallorossi…
    e pero’ poi in pochi anni mi sono preso molte rivincite, ma questa e’ un’altra storia, di un altro milan…

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