È una sporca faccenda, capitano Maldini

Questo non è un pezzo facile. Nè divertente (…né tanto corto, come vedete). E mi scuso se lo scrivo in prima persona, ma lo impongono 1) la tesi di fondo, sul rispondere di quel che si fa e 2) il fatto che in ComunqueMilan c’è chi su questo argomento non la pensa come me.

Perciò, inizio dicendo la prima cosa che non mi porterà amici. Ovvero: una curva di tifosi non mi rappresenta. Mi spiace. Io per contro non rappresento loro (e questo è pacifico). Però non è che non abbia sentito, nella vita, un senso di affinità con chi in curva ci andava e ci va. E soprattutto non vuol dire che in curva non ci sia mai andato.
Una “curva” – in genere tutte le curve, ma specialmente la Sud dello stadio di San Siro in Milano – ospita, nel corso del tempo, un insieme di gruppi diversi, persone diverse, storie diverse. Raramente sono un fronte unitario, e la curva del Milan, anche nei suoi giorni più idilliaci, ha sempre mantenuto al suo interno identità distinte. E a me pare molto sano. Così per qualche tempo tra quelle identità c’è stata anche la mia. Contento di starci, ma senza alcun desiderio di far parte di un gruppo. Ripeto: mi spiace, ma alcuni di noi sono così. E non mi sono mai sentito un ospite di nessuno: in fin dei conti, sono posti numerati per cui si paga, giusto?
A questo punto però chiudo coi convenevoli, la parte in cui cerco in anticipo di prevenire le accuse tipo “Ma tu che ne sai, ma chi sei, non dovresti parlare, non puoi capire”. E vengo a Paolo Maldini.

Da anni i fischi e lo striscione della Curva Sud durante l’addio a San Siro del nostro ultimo numero 3 sono usati come un martello dalle tifoserie avversarie, o da furbi giornalisti in cerca di retweet. Il congedo di Totti dall’Olimpico è stato un buon pretesto per aizzarli. Pochi, guardando in casa loro, hanno ricordato come il signore signorile Massimo Moratti sia stato il simpàttico mandante che ha consentito a Lippi di far chiudere la carriera interista dello zio Bergomi senza nemmeno comunicarlo all’interessato in modo che salutasse i tifosi. E pochi hanno ricordato come Alessandro Del Piero sia stato segato (in sua assenza) a sorpresa in conferenza stampa dal padroncino Andrea Agnelli, il santo nipote tutto stilejuve di uno stiloso divoratore di sussidi statali. No, non lo hanno ricordato e ne prendiamo atto: loro preferiscono guardare in casa nostra, e a maggior ragione dobbiamo guardarci noi.

Così guardiamo Maldini. Che non è nato simpatico, come Totti, Zanetti, Del Piero, o come capitani senza fascia come Ancelotti o Gattuso. Non è nato eroe del popolo come Franco Baresi. O artista anticonformista come Gianni Rivera. No, Paolo Maldini nasce fortunato, per dna e per status sociale, che gli danno un fisico impeccabile, un’infanzia non complicata e un provino al Milan – che lui passa senza pressioni dall’alto, primo perché papà Cesare è troppo asburgico per raccomandazioni, e secondo perché… Facciamolo dire a Mauro Tassotti.
 
(da un libro a caso: Facce Da Milan, capitolo: The Maldinis, ovvero: Nel nome del padre, di Ilaria Calamandrei)

Ma Paolo Maldini, e questo è difficile da accettare in anni ipermediatici, è un buon capitano anche perché NON è simpatico, eroico, alla mano. Paolo Maldini, nato a Milano, in campo e in spogliatoio diventa asburgico come i suoi nonni sloveni che prima di stabilirsi a Trieste si chiamavano Mladic. E questo aspetto del suo carattere, chissà quanto ci ha fatto vincere, e quanto ha contribuito a raddrizzare e motivare certa gente che forse inizialmente somigliava a certi simpaticoni che sono transitati in squadra in questo decennio senza combinare niente. Paolo Maldini è stato capitano in senso militare – e qui quegli anzianissimi tra voi che hanno dedicato un anno a questa amena attività mi capiranno. Vedete, è da questo che sono nati i guai. Perché per un capitano così, i tifosi devono avere la stessa disciplina della squadra.
Il primo anno in cui è capitano, in Milan-Parma 97/98, la curva dà le spalle ai giocatori, e piovono uova e fumogeni. Per lui il consueto discorso “Hanno tutto il diritto di fischiare, anzi ci scusiamo” non esiste proprio. Un capitano asburgico, cresciuto in uno spogliatoio disciplinatissimo come era – una volta – quello del Milan, trova la cosa inammissibile. Il suo fastidio per una curva indisciplinata e dotata di pensiero indipendente è insopportabile, e lo manifesterà spesso nelle interviste. E non solo: quando la curva fischia la squadra per l’eliminazione dalla Coppa Uefa nel 2009, lui si mette un dito davanti alle labbra: zitti, soldati.

Non è che Paolo Maldini sia presuntuoso, o irriconoscente. Il problema è che uno venuto su dovendo dare il massimo per dimostrare di meritare il posto che occupa, sclera quando qualcuno lo insulta accusando LUI, la leggenda vivente, uno dei campioni più ammirati al mondo (di nuovo: al MONDO) di scarso impegno. Chi sono, quelli che lo accusano? Cosa valgono?
Ecco qui il problema. La curva mette in discussione Maldini. E Maldini mette in discussione la curva. Non può finire bene. Dalla Gazzetta dello Sport del 20 settembre 2007:
«Sono molto arrabbiato, come i miei compagni. Dopo tutto quello che abbiamo dato, fatto e vinto, meritiamo un trattamento diverso. Questo atteggiamento è iniziato nel derby di ritorno dell’anno scorso. Con un aiuto da parte della nostra curva, non avremmo perso quella partita. I motivi? Ci sono motivazioni economiche, giochi di potere. Ma se sono queste le ragioni per andare allo stadio, non so più che cosa pensare. Io credo che quando si canta ‘Abbiamo il Milan nel cuore’, poi bisogna dimostrarlo. Ormai noi giochiamo in trasferta o in campo neutro: mai davvero in casa. Non mi sembra logico, e la squadra non ci sta più. I fischi a Dida e Gilardino? Non li comprendo. I fischi ci sono sempre stati, ma qui si sta andando oltre. A San Siro si sentono applausi ironici per Dida quando blocca una palla facile. Ma quello è il portiere della finale di Manchester, è un campione d’Europa come Gilardino. San Siro è sempre stato magico: adesso stiamo perdendo questa magia».
(…sulla fine della magia di San Siro, non so voi ma io accuso il colpo)

Il disastro naturalmente è quando sta tornando da Istanbul dove per mezza partita ha pensato di avercela fatta a vincere il Pallone d’Oro. Perché insomma, se vinci un’altra Champions e apri le marcature con un gran gol, stavolta gli ubriaconi non potranno votare nessun altro: quella coppa per te varrà il triplo. Poi però arriva la rimonta più incredibile, feroce ma, come abbiamo ammesso anche nei giorni scorsi su questo sito, più epica che si sia mai vista a quel livello, nella quale malauguratamente per noi il Liverpool è il piccolo David e il Milan è il gigantesco Golia. Che quella sera ce la mise tutta, tranne 6 minuti. Lo sappiamo. Maldini e tutta la squadra tornano a casa con addosso una delusione enorme (…forse persino Pirlo, essendo convinto che il Pallone d’Oro tocchi a lui per superiorià intellettuale). E in questo stato d’animo, all’aeroporto, trovano gente che li insulta. Perché sta già girando la voce dello champagne stappato nell’intervallo. Sta già montando la carogna dei tifosi increduli, che non vogliono starci.
«Avevamo giocato una finale stupenda, nettamente meglio del Liverpool. All’aeroporto siamo stati contestati: “Dovete chiederci scusa. Io giocavo da una vita e dovevo chiedere scusa ad un ragazzo di 20 anni? E poi scusa di cosa? Di aver perso una perso una partita giocata in modo straordinario? Per inciso, quella sera il Liverpool ci surclassò a livello di tifo».
(notare la mazzata alla fine. Qui, credo, qualcuno in curva accusò il colpo)

Così, l’addio a San Siro. Il giro del campo tra gli applausi della gente in piedi. E sotto la curva. Che si vendica in modo spiacevole, rovinando l’addio in modo che tutto il pianeta veda. Scrive il giorno dopo il Guardian:
 
Dopo un giorno, arriva anche il comunicato della Curva. Che come tanti comunicati delle curve (per esempio, quello dei laziali che hanno impiccato i manichini romanisti), inizia accusando la stampa di strumentalizzare. E che abbiamo tutti capito male. Le maiuscole sono riportate fedelmente:
«Durante il match sono stati esposti due striscioni di RINGRAZIAMENTO nei confronti di Paolo Maldini.
Il primo, esposto all’ingresso delle squadre in campo recitava
“GRAZIE CAPITANO: SUL CAMPO CAMPIONE INFINITO MA HAI MANCATO DI RISPETTO A CHI TI HA ARRICCHITO”,
mentre sul secondo, esposto durante il giro di campo finale c’era scritto
“PER I TUOI 25 ANNI DI GLORIOSA CARRIERA SENTITI RINGRAZIAMENTI DA COLORO CHE HAI DEFINITO MERCENARI E PEZZENTI”.
Sottolineamo la frase “POVERI PEZZENTI” pronunciata a Malpensa al ritorno dalla finale persa ad Istanbul dopo che i ragazzi avevano speso la bellezza di 800€ per stare vicino alla squadra.
CHE MALDINI SERVA DA ESEMPIO: SOLO IL RISPETTO GENERA RISPETTO!»
Non so che dire, a me Maldini non ha mai mancato di rispetto, e d’altra parte forse io non l’ho arricchito. E se l’ho fatto è perché pensavo, come tanti di noi scemi, che tifare arricchisse ME in qualche modo misterioso, altrimenti perché comprare il biglietto per lo spettacolo, e le maglie, e libri sul Milan (ehm) e una volta persino una caffettiera rossonera (…mi sembrava un regalo di rara eleganza). E qui non sto a dire che non si ha il diritto di fischiare, se proprio si vuole: a volte ne ho dette persino a Rui Costa, ignaro che un giorno avrei visto Van Ginkel.
Ma anche se sono più incline a cristare nel vuoto dopo una partita persa, posso capire chi, sconvolto, ha assalito l’altrettanto sconvolto capitano all’aeroporto di Istanbul (per quanto, io avrei applaudito lo stesso, che ci crediate o no). Però a quel punto essendo diventato di colpo un uomo squisito e comprensivo sono tenuto a capire anche l’altrettanto sconvolto capitano se ha usato la spiacevolissima espressione “Poveri pezzenti” (che secondo altre versioni non è stata usata da lui, ma da qualcuno della famiglia o dell’entourage). Insomma, mi sforzo di capire tante cose. Ma non arrivo a capire un atto clamoroso, dimostrativo, organizzato appositamente per il giorno dell’addio a uno dei tuoi giocatori più importanti di sempre, uno cresciuto in casa, figlio di un’altra leggenda.

Il problema è che ora quell’atto di quel gruppo lo stiamo pagando tutti. Accusati di non aver avuto rispetto di un campione immenso, capitano e trascinatore in partite leggendarie. Uno che non ne vedremo più uno uguale, e per uno meno forte bisognerà pagare un sacco di soldi. Uno davanti al quale noi, lo stupido, pecorone resto dello stadio e della tifoseria, eravamo in piedi.

Comunque, io e tutti gli altri tifosi del Milan incartiamo e portiamo a casa tutti i tweet e le becerate (ah, pardon: la fine ironia interista, come dimostrano certi hashtag furbottini che tutti felici figlidiputtanizzano “i tifosi” tutti, e non la curva – che non si sa mai che qualcuno di quelli si innervosisca). Ci toccano per le azioni di qualcun altro che NON ha parlato né per me, né per tutti i tifosi milanisti, a partire da quelli presenti quel giorno a San Siro. Paghiamo per loro, e per una società che preferì glissare perché con Maldini e con molte sue bandiere già cominciava ad avere qualche problema, come si è visto con tanti altri.
D’accordo, quindi: dopo Maldini, la paghiamo anche noialtri questa cosa, questa fesseria diventata stupido pretesto usato per infamarci. Perché tocca pure questo, nel calcio: essere derisi se la tua squadra gioca male, ma anche se qualcuno in un settore dello stadio se la gioca malissimo.

3 Risposte a “È una sporca faccenda, capitano Maldini”

  1. Solo degli indegni potevano conportarsi cone hanno fatto gli pseudotifosi nell’ultima partita di Paolo a s.Siro. Indegni e cialtroni

  2. Commento arrivato con ritardo sesquipedale stile Trenitalia (quasi un anno dopo), ma spero che l’autore dell’articolo lo legga comunque.
    Premetto che condivido praticamente (quasi) tutto quello che hai scritto, tranne una parte: tu le ragioni dei tifosi le comprendi “col beneficio del dubbio”, io le comprendo in toto.

    Prima di passare a “l’affaire Maldini”, mi stavano a cuore un paio di cosette che vorrei precisare.
    Credo che dopo quasi 10 anni sia arrivato il momento di finirla con questa storia dei “milanisti ingrati che fischiano un monumento come Paolo Maldini” (come giustamente lasci intendere tra le righe tu, quel giorno allo stadio c’erano 80.000 persone: a fischiare saranno stati un centinaio, gli altri 79.900 applaudivano).
    E soprattutto credo sia arrivato il momento di finirla con l’altra assurdità che “la vecchia curva non l’avrebbe mai fatto, e quando c’era la Fossa di qua e quando c’erano le Brigate di là”.
    Perché anche questo è un aspetto da analizzare: questa vicenda ha seminato troppi veleni anche all’interno del popolo milanista (curvaioli e non), ha creato troppe divisioni e malumori. E come ha detto qualcuno ben più autorevole di me “i conti con la Storia uno li deve fare, ma prima o poi deve anche chiuderli, altrimenti il problema si ripresenta all’infinito”.
    Per quanto riguarda il confronto tra vecchia e nuova curva, l’inizio delle polemiche con Maldini (come sottolineato nell’articolo) è datato metà anni ’90, quando la “vecchia” curva era ben salda al suo posto a San Siro. Gli attriti Maldini-curva raggiunsero il loro picco massimo dopo la finale di Istanbul: correva l’anno 2005, e la Fossa e le Brigate erano al loro posto in curva sud (l’ultimo anno), e il gotha dei due storici gruppi ultras ovviamente presente ad Istanbul e vittima degli insulti di Maldini.
    ​Ne deduco che la “nuova” curva non ha fatto altro che dare continuità ad una polemica con Maldini che era già nata con la “vecchia” curva. Insomma, quelli della Fossa pensavano di Maldini esattamente ciò che pensano quelli della nuova curva.

    Ma adesso andiamo al nostro amato numero 3.
    Potevano scegliere un giorno diverso per contestarlo? Io ritengo di sì. Quello era decisamente il giorno meno adatto, e gli ultras milanisti sono stati parecchio ingenui a tirarsi addosso gli insulti di mezza Italia (specialmente l’Italia rossonera. L’italia bianconerazzurra non fa testo. Come dici giustamente tu, guardassero in casa loro).
    Ma nella logica ultras ci può stare. Quei fischi li ritengo legittimi (ripeto: legittimi, ma arrivati nel giorno sbagliato e al momento sbagliato). E diciamocela tutta: non è che Maldini si sia comportato da gran signore insultando delle persone che per andare ad Istanbul per sostenerlo avevano speso un patrimonio, facendoli pure cornuti e mazziati con quella storia del tifo liverpudlian che avrebbe surclassato quello rossonero (una coltellata al cuore nella logica ultras, specie se pronunciata dal capitano in persona). Sono frecciatine assurde e ingenerose. I tifosi dei Reds hanno iniziato ad incitare come i forsennati la loro squadra durante l’intervallo. E mi pare normale, dato che stavano sotto di tre gol. I milanisti avrebbero fatto lo stesso. I tifosi di una squadra in difficoltà in una partita così importante saranno sempre più indiavolati dei tifosi appagati della squadra che vince 3-0. E lo stesso vale per i giocatori. Il problema è che i giocatori del Milan erano appagati tanto quanto i tifosi, e quello che successe nel secondo tempo più pazzo della storia del calcio lo dimostra. E questo Maldini lo sa. Girare la frittata con “noi calciatori abbiamo giocato benissimo e loro, i tifosi, hanno tifato malissimo” non è proprio il massimo che ci si aspetti da un Capitano con la “c” maiuscola.
    Per non parlare del mariantoniettiano “poveri pezzenti”: oltre che una caduta di stile, un autogol: hai passato una vita a dimostrare sul campo che non sei lì in quanto figlio di papà e poi ti turi il naso come un avanzo di Congresso di Vienna alla vista del popolaccio puzzone? “Povevi pezzenti”. Suvvia, Paolo!
    Insomma, Maldini non è Dio: è un calciatore. E se piscia fuori dal vaso deve mettere in conto che può essere criticato come chiunque. Esattamente come può essere criticata una curva che lo fischia.

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