BPM (Beats Per Matches): Mom’s Spaghetti

(di Max Bondino)

Questa serie di racconti avrebbe dovuto chiamarsi “Song Siro”. Era un titolo fighissimo, vero? Poi, improvvisamente rapito, non dal vento ma da un raro momento di lucida intelligenza, ho realizzato che continua ad esserci questa volgarissima abitudine di andare a giocare a casa degli altri, quindi ho preferito virare verso BPM (declinato in beats per matches, per l’occasione) che, da sempre, è un acronimo capace di mettermi a mio agio offrendo la possibilità di rientrare quando voglio nella comfort zone.
Esiste un posto meno comfort di Bergamo per l’AC Milan di Milano – Campione d’Italia?
La risposta, da un paio d’anni abbondanti è decisamente no. È vero, l’abbiamo superato (?) quel 22 dicembre 2019, siamo andati lì a vincere a spallate ed anche con un rigore dopo l’altro. Li abbiamo pure invitati a casa nostra come vittima sacrificale nella festa anticipata del diciannovesimo scudetto, con Theo Hernandez a tagliarli in due come la torta di un matrimonio collettivo.
Eppure, mi avvicino a questa partita sempre con le mani che sudano, le gambe nervose, braccia pesanti e quel blocco allo stomaco dove ad Eminem galleggiavano i “Mom’s spaghetti”.

Non c’è paura, sia chiaro. È più un fastidio che abbraccia la rivalsa, il ricordo di una inadeguatezza ormai lontana ma che ancora ferisce, a pensarci. Atalanta – Milan è come “Lose yourself”, una canzone ingannevole. Una traccia che corre ufficialmente a 171 bpm ma viene percepita a 86, le lyrics di apertura raccontano disagio e vendetta nelle stesse strofe ma sempre sfoggiando quello sguardo da tuareg ben fisso oltre l’orizzonte. L’obiettivo non è certo qui, sul palco di questa rap battle, nella penultima settimana di agosto.
Ma adesso, qui siamo e chi se non Leao è chiamato ad accendere il microfono per primo? Concede a sé stesso 5 minuti in totale, i primi, durante i quali ci fa assumere subito posizioni più erette e composte sui nostri divani, mettendo in scena quelle cose da MVP, candidato al pallone d’oro e in lista per le politiche (Vota WEGOOO).

Dopodiché “he keeps on forgettin’ what we wrote down”, direbbe Slim Shady. Inizia a dimenticare la storia che ha scritto con noi di recente, le parole non gli escono proprio più. Il credito che oggi può vantare gli risparmia sarcasmo e malumore ma che qualcuno della posse gli dica che “the time runs out” e per chiarezza, lo faccia con l’orologio che porta Flavor Flav al collo da trent’anni.
Ok, il nostro MC di riferimento non c’è ma il resto della crew controlla, serena, una partita in cui, finalmente, l’Atalanta ci guarda col rispetto dovuto, vola via una mezz’ora di buone idee finalizzate piuttosto male, il culmine è la bellissima palla messa da Theo (ormai stabile nel cast di Sons of Anarchy) dalla tre quarti per Messias che, arrivando in corsa, dimentica anche lui la rima sputata più volte sul campo nella scorsa stagione: quel tiro al volo, spesso sul secondo palo, che gli è valso il salto dai palchi sgangherati di provincia al main stage di San Siro.
E quindi, ok il controllo, il rispetto reverenziale acquisito ma a un certo punto “snap back to reality, ope there goes gravity”.

I simpatici 9,81 m/s che governano il pianeta, alla mezz’ora, dopo un contrasto in area Calabria – Pasalic, fanno precipitare sulla sinistra un pallone che Maele recupera e appoggia sul vertice dell’area dove Malinovsky stava indicando da dieci secondi da dove avrebbe calciato. Noi, che siamo più bravi a rappare che col linguaggio dei segni, non usciamo a chiudere, l’ucraino tira una sassata centrale (che Mike avrebbe certamente preso) ma Kalulu, sulla traiettoria, devia quanto basta per portarli in vantaggio.

E da qui inizia un’altra partita? Forse no. Più che altro nelle nostre teste sempre piene di quel livore nei confronti della ex nazionale farmacisti. Certo, il Milan non trasforma esattamente la rabbia in energia e cinismo (“No more games, I’ma change what you call rage”) ma parte bene nel secondo tempo, sfiorando addirittura il goal da calcio d’angolo (non esattamente la specialità della casa) con lo stesso Kalulu che colpisce bene ma non la schiaccia abbastanza. Dopo 50 minuti, si rivede uno spot della lista WEGOOO. Leao da sinistra si accentra, seminando tutto quello che trova, serie di finte e all’altezza della lunetta fa partire un bellissimo destro. Il replay ci mostrerà che “mancava tanto così”.
Poco dopo Maignan nega il goal di testa a Zapata con una paratona ravvicinata che lui fa sembrare normale.
Il risultato è fastidioso e rende poco lucidi ma il Milan non gioca affatto male, lo dimostra anche Gasp che somatizza e viene inquadrato inespressivo e paonazzo mentre si slaccia un altro bottone della camicia. De Ketelaere (entrato al 58esimo al posto di Diaz) alla prima palla toccata vola via e prende, da Pasalic, un’altra delle migliaia di “stecche da dietro” che la Serie A ha in serbo per lui e un minuto dopo manda in porta Tonali con un tocco di una semplicità e bellezza disarmante. Musso chiude bene lo specchio e si resta sotto.

In mezzo all’esibizione al Gewiss Stadium c’è solo uno che gioca con la naturalezza di chi si è esibito all’intervallo del Super Bowl. È Ismail Bennacer, il vero main featuring di questa partita, l’unico capace di interpretare perfettamente “You better lose yourself in the music, the moment, you own it, never let it go”, il solo guidato da un beat che gli abita dentro ad ogni giocata, lì in mezzo, compagni ed avversari devono adeguarsi ai tempi che scandisce da oltre un’ora. Fa ciò che vuole a tal punto da stravolgere anche l’esoscheletro che regge in piedi questo pezzo, costruito attorno alle rime di “Lose Yourself”. Per lui, al 67esimo, le opportunità contenute in “opportunity comes once in a lifetime” raddoppiano. La fiondata da 20 metri nell’angolo basso viene respinta sulla sinistra da Musso, il pallone corre sulla linea di fondo e si ferma sulla bandierina. Mentre tutti pensano all’angolo, Saele lo recupera, glielo restituisce sul vertice destro dell’area e qui Isma “doesn’t miss his chance to blow”. Finta, rientra verso il centro, salta secco Koopmeiners e “One shot”, la inchioda sul palo interno ed è 1-1. Fosse stato il goal del vantaggio poteva serenamente droppare il microfono a terra abbandonando il palco dando a tutti le spalle. Facciamo in tempo a vedere Origi appiccicare all’80esimo l’adesivo “Parental Advisory” sul match con un atto di pura violenza involontaria su Djimsiti che immola il polpaccio sul tiro che Divock si era preparato liberandosi molto bene in area.

Si gioca pochissimo negli ultimi 10 minuti. L’Atalanta, per venirmi incontro a contestualizzare meglio ciò che sto scrivendo, prima prova a buttarla in rissa, poi inserisce gente con nomi da rapper su cui lavorare ancora, come Lookman (nonostante il “guardone” sembra aver un buon flow, nel finale).
La rap-battle finisce pari, era la prima contro contendenti veri. Si poteva vincere ma mai ho avuto la sensazione di poterla perdere. La gente è divisa, un po’ isterica, forse abituata troppo bene dopo mesi con un solo refrain revival nella testa. È il momento di quella chitarra ossessiva, in marcia, che ascoltate distintamente nell’intro di “Lose Yourself”, invece. È ora di rimettere il cappuccio della felpa calato bene sulla testa e tornare sulle strade di periferia, una battaglia dopo l’altra. Success is my only muthafucking option.
You can do antything you set your mind to, man.

 

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